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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 dicembre 2025)
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  • L'abbazia di Saint-Maurice

    Abusi a St. Maurice: quali gli effetti sulle vittime?

    Due ricercatrici dell'Università di Friburgo che hanno partecipato alla stesura del rapporto sugli abusi all'Abbazia di St-Maurice (VS) desiderano avviare uno studio complementare per analizzare le ripercussioni della pubblicazione sui testimoni. La pubblicazione del rapporto ha avuto l'effetto inaspettato di incoraggiare le vittime di altre istituzioni ecclesiastiche a farsi avanti, rileva il Sapec ( Sostegno alle persone vittime di abusi in un rapporto di autorità religiosa) a cath.ch.

    Qual è l'impatto del rapporto sulle vittime, sull'istituzione, sul pubblico...? Sono queste le domande che si pongono la storica Stéphanie Roulin e la sociologa Lorraine Odier, dell'Università di Friburgo. Entrambe hanno partecipato allo studio storico che ha esaminato i meccanismi degli abusi all'interno dell'Abbazia di St-Maurice, dal 1960 al 2024. Il rapporto che ne è risultato, reso pubblico il 20 giugno 2025 a Friburgo, ha avuto ampia risonanza mediatica. Il gruppo di lavoro, sotto la direzione del procuratore di Neuchâtel Pierre Aubert, ha identificato 67 casi di abuso che hanno coinvolto almeno 68 persone, attribuiti a 30 uomini adulti residenti o incardinati nell'Abbazia di St-Maurice. Il rapporto ha evidenziato una serie di meccanismi difettosi all'interno dell'istituzione che hanno permesso che questi atti avvenissero o rimanessero nell'ombra.

    La preoccupazione della «vittimizzazione secondaria»

    Stéphanie Roulin e Lorraine Odier raccontano, al quotidiano la Tribune de Genève del 25 agosto 2025, quali sono state le reazioni del pubblico al rapporto, tra sollievo, interrogativi e incomprensioni.

    Si interrogano anche sul fenomeno della «vittimizzazione secondaria», un danno emotivo o psicologico aggiuntivo per la vittima, quando la sua storia riemerge pubblicamente. «Sarebbe importante per ogni ricercatore valutare questo fenomeno nel proprio campo», sottolinea Lorraine Odier. «Abbiamo una responsabilità nei confronti degli elementi che scegliamo di rendere pubblici».

    Per approfondire la questione, le due ricercatrici desiderano avviare un secondo studio, con la collaborazione della storica Anne-Françoise Praz, che ha anch'essa collaborato al «Rapporto Aubert». «Vorremmo sapere cosa pensano del rapporto le persone che hanno accettato di parlare con noi», precisa Stéphanie Roulin. Sono soddisfatte? Cosa pensano delle reazioni dell'abbazia e, alla fine, tutto questo ha contribuito al loro processo di riparazione?». Le due specialiste stanno cercando finanziamenti presso l'Università di Friburgo e due fondazioni private per avviare il loro progetto.

    Il rapporto ha dato fiducia alle vittime

    Il Gruppo Sapec (Sostegno alle persone vittime di abusi in un rapporto di autorità religiosa), che ha contribuito allo studio storico, accoglie con favore il progetto delle ricercatrici. «Ci mancano ancora dati sulla ricezione e sulle ripercussioni delle segnalazioni di abusi sulle persone. È sempre interessante avere una visione più chiara al riguardo», assicura a cath.ch Gabriella Loser Friedli, portavoce del Sapec.

    Un rapporto di qualità e rispettoso

    Contrariamente a quanto è avvenuto per il progetto pilota dell'Università di Zurigo, reso pubblico nel settembre 2023, il rapporto su St-Maurice non ha dato luogo a nuove segnalazioni di abusi (al Sapec) nell'ambito dell'Abbazia. La mediatizzazione del rapporto ha invece avuto notevoli effetti incoraggianti. In particolare su una decina di persone con cui il Sapec è già in contatto (per casi riguardanti altre istituzioni diverse dall'Abbazia di St-Maurice) e che finora nutrivano scarsa fiducia nei dispositivi in vigore.

    «Era difficile, spiega Gabriella Loser Friedli, motivarle a rivolgersi a istituzioni come la LAVI (centro di consulenza per le vittime di reati), la CECAR (Commissione Ascolto-Conciliazione-Arbitrato-Riparazione), la polizia o un ufficio investigativo incaricato. Il rapporto Aubert ha dato loro la fiducia necessaria per intraprendere iniziative in tal senso». La qualità del lavoro e l'approccio rispettoso nei confronti delle vittime le hanno convinte a fare il grande passo.

    Queste persone si stanno inoltre organizzando tra loro. «È una novità per il Sapec, non abbiamo mai avuto a che fare con un gruppo organizzato. È qualcosa che potrà sicuramente insegnarci molto», osserva la portavoce. (cath.ch/tdg/arch/rz/traduzione e adattamento redazionecatt)

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