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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
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  • COMMENTO

    Brasile: l'ondata della distruzione e dell'ingiustizia

    L'incidente alla miniera di ferro di Córrego do Feijão a Brumadinho, nello stato brasiliano del Minas Gerais, ha fatto notizia in tutto il mondo. Il crollo della diga ha causato almeno 84 morti e 276 persone scomparse, ma si tratta di un bilancio provvisorio destinato tragicamente a peggiorare, senza calcolare poi i danni ambientali e le ripercussioni negative per la popolazione locale e le sue basi di sussistenza, pressoché incalcolabili. Le immagini giunte fino a noi, risvegliano brutti ricordi. Il mio pensiero è subito corso a quel fatidico 5 novembre del 2015, quando una diga di contenimento della società mineraria Samarco Mineração SA (un’impresa di proprietà della BHP Billiton Brasil Ltda e della Vale SA) è ceduta vicino al villaggio di Mariana (qui una documentazione dettagliata in francese), seminando morte e distruzione. Ci sono voluti solo 11 minuti prima che la marea di fango raggiungesse il comune di Mariana. Muri e case furono distrutti, strade e piazze sommerse, alberi sradicati, giardini e orti degli abitanti cancellati e il bestiame trascinato via. In quell’occasione persero la vita 19 persone. Ed ecco che il 25 gennaio 2019, con il crollo a Brumadinho, la triste storia si ripete. Perché ne parlo solo ora? Perché la decisione presa martedì 12 marzo 2019 dal Consiglio degli Stati di bocciare il controprogetto all’Iniziativa per multinazionali responsabili mi lascia senza parole. Quante tragedie ancora come quelle di Mariana e di Brumadinho dovranno verificarsi in Brasile e in tutto il mondo, quante persone dovranno perdere la vita, prima che la politica comprenda che è ora di dire basta alla logica del mero profitto e che le multinazionali, svizzere o straniere, ovunque operino, devono fare il possibile per rispettare i diritti umani e l’ambiente? Le misure volontarie, ce lo dimostrano i casi di Mariana e Brumadinho, non bastano. Ce lo ribadisce con forza anche lo scritto di padre Dario Bossi, missionario comboniano, che da anni si impegna in Brasile. di Federica Mauri

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