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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (21 dicembre 2025)
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  • Commento ai Vangeli domenicali

    Calendario romano / Gv 6, 1-15 / XVII Domenica del Tempo ordinario

    Se abbiamo fede la povertà si fa ricchezza

    di don Simone Bernasconi
    Questa domenica leggiamo il sesto capitolo del Vangelo di Giovanni, che riferisce il discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane della vita. Il Vangelo racconta l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che fa da introduzione al discorso eucaristico. Non è da ritenere casuale il fatto che la presentazione dell’Eucaristia cominci con il racconto della moltiplicazione dei pani. Non si può separare, nell’uomo e nella donna, la dimensione religiosa da quella materiale; non si può provvedere ai bisogni spirituali ed eterni, senza preoccuparsi dei suoi bisogni terreni e materiali. Gesù non chiede ai suoi discepoli di fare miracoli; chiede di fare quello che possono, ma di ricordarsi che l’uomo e la donna sono corpo e anima, materia e spirito e noi dobbiamo preoccuparci di servirli integramente; dobbiamo impegnarci a nutrire il corpo e l’anima, ad offrire cibo per la materia e per lo spirito. Noi viviamo in una società dove lo spreco è di casa; lo spreco più scandaloso avviene nel settore dell’alimentazione. I beni non vanno sprecati, non vanno sperperati, perché sono un dono di Dio e un dono non va mai buttato. Vedete: siamo molto lontani dalla mentalità, oggi imperante, «dell’usa e getta», «del consuma e butta». Gesù ci richiama ad un altro stile di vita: «Raccogliete i pezzi che avanzano, sono sacri, bastano a farne dodici canestri, come dodici sono le tribù d’Israele, che rappresentano la Chiesa, e la Chiesa siamo noi; quindi, un dono per Tutti». La nostra società del consumismo è anche la società dello spreco, della dissipazione e del disprezzo. C’è un culto, un rispetto, un riguardo delle cose e un atteggiamento di «usa e getta», di mancanza di riguardo, di sciupo e di arroganza, che è segno di debolezza, di fragilità e soprattutto di vuoto interiore. Per questo penso che se la ricchezza può diventare povertà, la povertà diventa ricchezza quando abbiamo quella fede che suscita generosità, condivisione, amore; e con l’amore riusciremo anche noi a fare miracoli.

    Calendario ambrosiano / Mc 8, 34-38 / Domenica IX dopo Pentecoste

    Una Parola che ci invita a fare della vita un dono

    di don Giuseppe Grampa
    Per due volte nel vangelo di questa domenica troviamo un’espressione sulla quale vorrei sostare. Dice Gesù: «Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà». E più avanti: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole».  La persona di Gesù e le sue parole, il suo Vangelo, non sono due realtà separate, sono tutt’uno. Si capisce così quel gesto, terminata la lettura della pagina evangelica: il baciare il libro stesso. Perché baciare le parole ascoltate? Vuol dire amore ma non per un oggetto, un libro, ma per una persona, la persona stessa di Gesù. San Gerolamo, grande studioso delle Scritture Sacre ha scritto: «L’ignoranza delle Scritture sacre è ignoranza di Cristo. L’amore per le Scritture sacre è amore per Cristo». Ma nella pagina odierna incontriamo parole ardue: rinnegare se stessi… prendere la propria croce… perdere la propria vita». Davvero sembrano parole inaccettabili, sembrano proporre uno stile di vita lontano da quella realizzazione di sé, dal lieto godimento dell’esistenza che tutti noi cerchiamo. L’evangelo di Gesù si confermerebbe come una proposta intrisa di dolorismo, di mortificazione, di repressione, una proposta incapace di godere la bellezza e la bontà dell’umano. Come leggere, allora, queste parole? Decisiva è quella parola di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro di me…». «Dietro di me»: solo guardando Gesù e seguendolo queste parole trovano il loro significato. Non un appello a reprimere la propria umanità ma a dilatarla nel dono incondizionato di sé. Prendere la propria croce non vuol dire rassegnata e passiva accettazione di ogni sofferenza, di ogni contraddizione: chi prende la sua croce, dietro a Cristo, con Lui e come Lui spalanca le sue braccia, non rinchiudendosi nella gelosa custodia di sé ma perdendosi nel dono di sé. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, messo a morte per la sua opposizione al nazismo ha scritto: «Il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nell’esistere-per-gli-altri, nella partecipazione all’essere di Cristo».

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