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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
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  • Gaia De Vecchi: «Essere liberi davvero è riconoscere il volto dell’altro»

    di Laura Quadri

    Da quella di stampa a quella di pensiero, fino alla liberazione dall’oppressione della guerra: i significati attribuibili al termine «libertà» sono molteplici e ricco è il dibattito che ne può scaturire. Abbiamo chiesto a Gaia De Vecchi, prof.ssa di teologia all’Università cattolica di Milano e alla Pontificia università Gregoriana, e ospite giovedì scorso della Salita dei Frati a Lugano e dell’Associazione Biblica della Svizzera italiana per una conferenza sul tema, di guidarci nella riflessione.

    Gaia De Vecchi, cosa intendiamo con «libertà», oggi?

    «Vi sono tre dinamiche della libertà: la libertà da tutte quelle costrizioni che non ci permettono di esprimerci appieno come essere umani, dunque libertà dalla guerra, dalla povertà, dall’ignoranza ad esempio. Da questa libertà ne scaturisce un’altra che ci permette, una volta liberi da tutto questo, di scegliere ciò che è più adatto a ciascuno. Ma la vera libertà è ancora diversa: concerne la possibilità, per l’essere umano, nella comprensione profonda della sua umanità, di compiere scelte al di là dell’occasione concreta; scegliere quello “stile” - di vita, di pensiero - che invera la sua profonda identità, perseguendo una finalità non solo biologica ma spirituale in senso ampio».

    Come si articola, a fronte dell’individualismo, questo concetto?

    «L’individualismo ha spezzato il nesso che lega la nostra libertà all’obbligo di liberare gli altri dalle stesse costrizioni. Ma la libertà non è mai un’isola ed è importante riscoprirne il lato relazionale. L’altro mi deve interpellare: io sono di fronte a un “tu”, non di fronte a un altro “io”. Di fronte a questo “tu” ho una responsabilità: responsabilità di offrire risposte (dal latino “respondeo”) e di riflettere su come fare in modo che il mio vivere sia vitale per me e per gli altri».

    Qual è il rapporto dei giovani con il tema «libertà»?

    «Per i giovani essa si limita tante volte al libero arbitrio, libertà “di”. Ma sarebbe importante che riscoprissero la terza dimensione della libertà, quella di interrogarsi sulle scelte che compiamo: se scelgo qualcosa piuttosto che un’altra, qual è il senso profondo di questa mia scelta? Scelgo di andare al mare o in montagna, ma perché? È la capacità di farsi delle domande e di ascoltare le risposte. La bussola può essere variegata, da credente la pone il Vangelo, ma la trovo anche nelle persone che mi stanno accanto, nel concetto, di nuovo, della relazione, con Dio e con gli altri».

    Libertà e guerre: come si configura il rapporto?

    «Il gusto di essere prevaricanti sugli altri ci intriga ed elimina proprio l’aspetto della relazionalità. La guerra è questo: mettere al centro un individuo che considera gli altri senza volto. Vale, al di là della guerra, che è solo la punta dell’icerberg, per tutti gli ambiti della società, in cui volto dell’altro viene dimenticato».

    Al tema della libertà, si riconnette dunque quello della dignità…

    «La libertà senza relazione non si comprende, così come la dignità e la fraternità.
    Nella Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo la dignità è quel valore dell’essere umano che si esplicita nella storia attraverso la possibilità che egli ha di fare le sue scelte e di essere libero. Anche papa Francesco lo ha ripetuto nella dichiarazione Dignitas Infinita: la dignità non può non essere in correlazione con la difesa della libertà, che la rivela».

    Per approfondire

    Si segnala l’uscita, settimana prossima, del volume G. De Vecchi - R. Massaro, «Per una vita degna - commento alla Dichiarazione Dignitas Infinita», Edizioni Messaggero, Padova 2024.

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