Calendario romano - Domenica 5 maggio: Gv 21, 1-19
Dalle sponde del lago di Lugano a quelle del lago di Tiberiade. «Il Vangelo in Casa» di Caritas Tv prosegue la sua navigazione tra i flutti delle Sacre scritture con un nuovo nocchiero. Don Sergio Carettoni racconterà le domeniche di maggio dal parco della Clinica Luganese Moncucco, dove da qualche anno è cappellano. «La terza domenica di Pasqua» esordisce Dante Balbo «ci propone un Vangelo particolare: è lunghissimo, quasi tutto il ventunesimo capitolo del testo di Giovanni. Poi, perché racconta di una pesca». Che diventerà miracolosa, ma prima non lo è affatto: lo sa bene Pietro. «Infatti tutto nasce dal suo progetto di tornare a pescare e di coinvolgere, in questo, gli apostoli» racconta don Sergio. «Nel fallimento di una pesca a reti vuote compare Gesù. Che nel frattempo, da bravo ospite, aveva preparato sulle sponde il necessario per mangiare». Il suo arrivo non è solo provvidenziale per le sorti del banchetto, ma anche per illuminare gli apostoli con la vista di una nuova prospettiva dopo un fallimento, efficacemente metaforizzata dall’inversione del lato della barca da cui gettare le reti.
«Ma questo è anche il Vangelo delle grandi domande che Gesù fa a Pietro» ricorda Dante Balbo «che fanno da contraltare alle tre volte in cui egli rinnega Gesù. Un dialogo anomalo, con la ripetizione della stessa domanda tre volte». Don Sergio non ha dubbi sul motivo di quella insistenza: «Gesù rispetta la posizione di Pietro e i suoi piedi conficcati nel terreno: ti voglio bene, sei tutto per me. Il Messia, invece, scende i gradini di un amore che è prima totale, poi è passione, poi affezione, fino ad incontrare Pietro dove sono le sue convinzioni». Quella giornata, in cui per la terza volta Gesù si manifesta ai discepoli dopo la resurrezione, la immaginiamo conviviale, tra il crepitio delle braci e il profumo del pesce arrostito.
«Questo perché Gesù realizza le sue relazioni anche a tavola, dove si spezza il pane, dove è Lui a spezzarsi per noi invitandoci alla cena eucaristica », sottolinea don Sergio Carettoni. «L’eucarestia ci coinvolge. Non siamo in quella pagina di Vangelo di duemila anni fa, ma abbiamo ricevuto lo stesso invito: vieni a mangiare». In quell’invito, anche la dimensione di servizio. «Infatti, alle domande seguono le missioni che Gesù affida al suo discepolo prediletto: pascere e custodire la comunità. È un chiaro collegamento alla missione di Pietro, che da pescatore di pesci lo diventa di uomini: un raccolto che capovolge l’esperienza con la barca e le reti. Qui il discepolo raccoglierà uomini dal mare della vita, portandoli a riva, verso la salvezza».
Cristiano Proia
Calendario ambrosiano - Domenica 5 maggio: Gv 8, 12-19
In questo passo evangelico mi sembra che il tema centrale, insieme con quello della vita e del rapporto unico di Gesù con il Padre, sia quello della luce. Gesù stesso si proclama Luce, anzi la luce dell’universo per eccellenza. «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gesù pronuncia queste parole nel Tempio alla fine della Festa delle Capanne, in cui scandalizza i farisei per le sue affermazioni rivoluzionarie e secondo loro blasfeme, contro Dio. Infatti nel Vecchio Testamento la «luce» indicava tutto ciò che rischiarava la via verso Dio, come la Legge, la Sapienza, la Parola stessa di Dio. Ma ora nel Nuovo Testamento luce è Cristo stesso paragonabile alla nube luminosa dell’Esodo, e nel contempo ogni cristiano che manifesta Dio agli occhi del mondo. La luce è il simbolo della vita, della pienezza della gioia, della felicità, perciò Gesù può dire ben a ragione che Lui stesso è la luce del mondo e chi lo segue non cammina nelle tenebre, ma nella luce della vita. Infatti le tenebre sono il simbolo della morte, di tristezza e di tribolazione, anche a livello fisico, basti pensare ad una piantina chiusa per giorni in una stanza buia. Alle tenebre si oppone decisamente la luce del Cristo-luce che non solo illumina, ma libera e dona vita nuova per andare al Padre.
[caption id="attachment_34571" align="alignright" width="295"] Suor Maria Sofia Cichetti, Abbadessa di Claro.[/caption]A questo punto possiamo chiederci: noi siamo figli della luce o delle tenebre? Viviamo sotto l’influsso della luce di Cristo o delle tenebre, del male, di Satana? Domanda che dobbiamo farci coraggiosamente perché la venuta di Gesù-Luce ci obbliga a prendere una decisione esistenziale pro o contro di essa, ma sempre con l’ispirazione e il sostegno dello Spirito Santo che ci dona la certezza di fede che le tenebre del male imperanti nel mondo, e talvolta anche in noi stessi, spariranno e saranno vinte dalla Luce del Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. All’accusa dei Farisei che la testimonianza di Gesù su se stesso non è vera, Egli risponde che il vero testimone del Figlio è Lui stesso, perché Egli solo conosce il mistero soprannaturale del suo essere Figlio del Padre con cui intesse un mistero eterno di amore. Essi giudicano secondo la carne, un giudizio puramente umano secondo le apparenze, e perciò non riescono ad attingere la sua vera identità divina. S. Agostino a tal proposito afferma che «essi non vedono risplendere nella carne la gloria del Figlio di Dio». Cerchiamo di camminare come figli della luce e, come dice S. Benedetto nella sua aurea Regola, «cingiamo i nostri fianchi con la fede e con la pratica delle buone opere e guidati dal Vangelo incamminiamoci per le sue vie, per meritare di vedere Colui che ci ha chiamati al suo regno».
Madre Sofia Cichetti