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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
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  • Leone XIV tra i pellegrini riuniti in piazza San Pietro per l'udienza generale

    Il Papa: noi calcoliamo tutto, invece Dio ci dona il suo amore senza misura

    Una folla festante e gioiosa accoglie oggi, 21 maggio, in piazza San Pietro, Leone XIV per la prima udienza generale. La coltre di nuvole grigie non ha scoraggiato pellegrini, gruppi da diversi Paesi del mondo, religiose, sacerdoti, giovani e famiglie che hanno colmato l’emiciclo del Bernini, dove il Papa arriva su una jeep bianca poco dopo le 9.30. Un lungo percorso, quello del Pontefice tra i 40mila fedeli che scandiscono il suo nome, applaudono, agitano foulard, cappellini e bandane per dargli il benvenuto. Leone XIV dispensa benedizioni, sorrisi e saluti, fermandosi, di tanto in tanto, per prendere in braccio dei bambini e invocare su di loro la protezione di Dio.

    Giunto sul sagrato della Basilica Vaticana, il Papa saluta i lettori che annunciano, poi, il brano evangelico sulla parabola del seminatore, tema della catechesi che riprende il ciclo giubilare iniziato da Francesco, quello su “Gesù Cristo Nostra Speranza”. “Sono lieto di accogliervi in questa mia prima udienza generale”, dice Leone XIV, che prosegue la serie dedicata a “La vita di Gesù. Le parabole” e spiega che questi racconti “ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia”, quindi si sofferma sulla parabola del seminatore, “una specie di introduzione a tutte le parabole”, perché vi si può “riconoscere il modo di comunicare di Gesù, che ha tanto da insegnarci per l’annuncio del Vangelo oggi”, e che al contempo ci invita ad accogliere la Parola di Dio.

    Il terreno della nostra vita

    Le parabole, infatti, propongono storie prese “dalla vita di tutti i giorni” ma che rimandano “a un significato più profondo”; fanno “nascere in noi delle domande”, invitano a non fermarsi “all’apparenza”, a guardare sé stessi e la propria vita raffrontandola al racconto. “La parabola mi getta davanti una parola che mi provoca e mi spinge a interrogarmi”, aggiunge Leone XIV, spiegando che quella “del seminatore” fa comprendere la “dinamica della parola di Dio” e gli “effetti” che “produce”.

    Ogni parola del Vangelo è come un seme che viene gettato nel terreno della nostra vita.

    Questo terreno è il “nostro cuore”, il “mondo”, la “comunità”, la “Chiesa”, e in diverse parabole, Gesù ci fa comprendere che può esserci “il grano e la zizzania, il granellino di senape, il tesoro nascosto”.

    La parola di Gesù è per tutti

    Dio, con la sua parola, raggiunge ogni “terreno”, “feconda e provoca ogni realtà”, “affascina e incuriosisce”, ma “tra la gente ci sono ovviamente tante situazioni differenti”, specifica il Papa.

    La parola di Gesù è per tutti, ma opera in ciascuno in modo diverso.

    Ce lo fa capire proprio la parabola del seminatore, che “esce a seminare, ma non si preoccupa di dove cada il seme. Getta i semi anche là dove è improbabile che portino frutto: sulla strada, tra i sassi, in mezzo ai rovi”, e tutto questo “stupisce”. Perché, “noi siamo abituati a calcolare le cose”, sottolinea il Pontefice, e seppure ciò “a volte è necessario”, “questo non vale nell’amore”. Ed è quello che emerge dal modo in cui il “seminatore ‘sprecone’” della parabola “getta il seme”.

    Dio ci ama così come siamo

    Il racconto di Gesù ci offre “un’immagine del modo in cui Dio ci ama”, la sua parola, il seme, giunge ovunque, ma che fine farà “dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova”

    Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione: a volte siamo più superficiali e distratti, a volte ci lasciamo prendere dall’entusiasmo, a volte siamo oppressi dalle preoccupazioni della vita, ma ci sono anche i momenti in cui siamo disponibili e accoglienti. Dio è fiducioso e spera che prima o poi il seme fiorisca. Egli ci ama così: non aspetta che diventiamo il terreno migliore, ci dona sempre generosamente la sua parola.

    La speranza della misericordia di Dio

    Quella fiducia che Dio nutre nei nostri confronti può far nascere “in noi il desiderio di essere un terreno migliore”, incoraggia il Papa, che definisce questa fiducia “speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio”. Ma il seme della parabola è anche Gesù, precisa Leone XIV, “e il seme, per portare frutto, deve morire”, tutta la narrazione, dunque, vuol farci comprendere che “Dio è pronto a ‘sprecare’ per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita”.

    Dio muove la storia anche ci sembra assente

    Per rendere più concreta la parabola del seminatore il Papa sceglie un’opera d’arte, Il seminatore al tramonto di Van Gogh, che restituisce la fatica di un contadino “sotto il sole cocente”, ma anche “il grano già maturo”. “Un’immagine di speranza”, perché mostra che “il seme ha portato frutto”. Una scena, inoltre, dove il seminatore “sta di lato”, dominata dal sole. Per Leone XIV “forse per ricordarci che è Dio a muovere la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante. È il sole che scalda le zolle della terra e fa maturare il seme”. L’invito del Papa è a chiedere a Dio “la grazia di accogliere sempre questo seme che è la sua parola”, e a non scoraggiarci se ci accorgiamo “di non essere un terreno fecondo”, perché possiamo chiedere “a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore”. 

    Appello per Gaza

    Al termine della sua prima udienza generale del mercoledì, il Papa lancia un appello per la situazione “sempre più preoccupante” nella Striscia, dove non cessano gli attacchi e la gente muore di fame. Il Pontefice esorta a “consentire l’ingresso di dignitosi aiuti umanitari”. A tutti i fedeli chiede di pregare il Rosario per la pace perché “disarmino il loro cuore”.

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