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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 dicembre 2025)
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  • Fedeli in piazza San Pietro alla recita di un Angelus del Papa

    Italiani e fede cattolica: è allontanamento progressivo

    È stato un allontanamento progressivo e micidiale. Anche la cattolicissima Italia che un tempo era nota per essere patria di santi e missionari si sta avviando ad assomigliare sempre di più alla Francia o alla Germania, o alla nostra Svizzera dove la religione è ormai un elemento quasi marginale nella vita delle persone. Fenomeno interessante anche per il Ticino, che da sempre ha una sensibilità ecclesiale prossima al cattolicesimo della vicina penisola piuttosto che a quello espresso a nord delle Alpi.

    A fotografare impietosamente il fenomeno dell’abbandono è una ricerca nazionale italiana che la rivista cattolica Il Regno – fondata dai Dehoniani – ha affidato al professor Paolo Segatti dell’Università di Milano con il compito di scandagliare a fondo gli italiani. Analoga indagine era stata fatta nel 2009 dallo stesso autore. Il risultato finale è stato presentato a Camaldoli, ad un convegno al quale ha preso parte anche il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano.

    Fede in calo

    Probabilmente l’immagine della società che fuoriesce non è di certo quella sperata dalla Chiesa.

    In poco più di dieci anni, dato che la precedente indagine fu nel 2009, chi non crede in Dio è passato dal 26% al 36%. Mentre chi, al contrario, afferma di credere (non importa se graniticamente o con dubbi a seguito) è solo il 57% della popolazione, contro il 72% del 2009. Grosso modo un italiano su due. In quattordici anni la frequenza alle messe è ormai in picchiata ovunque. Chi va in parrocchia ogni domenica, per esempio, è solo il 18%. Tuttavia resta molto forte nella gente il riferimento culturale di base.

    Alla domanda a quale religione si appartiene, il 72,7% risponde senza esitazione: «A quella cattolica». Nel frattempo, però la scristianizzazione affiora in un altro dato. Gli atei dichiarati sono raddoppiati e dal 6,2% sono saliti al 15,9%. Resta però ancora una certa fiducia di fondo nell’istituzione ecclesiale che dal 68% passa al 58%. Anche su questo fronte si tratta di un dato in calo probabilmente per effetto degli scandali legati agli abusi sessuali che in questo decennio hanno squassato la Chiesa.

    Una dinamica di sfiducia già sperimentata in altri Paesi europei, la Svizzera è tra questi, che stanno cercando di recuperare la fiducia collettiva con l’avvio di seri programmi di tutela per le vittime di abusi. «C’è un declino della partecipazione e dell’adesione alla vita religiosa, con un aumento in questi ultimi 15 anni di percentuali significative. Un calo costante, inarrestato e su settori crescenti», spiegano gli organizzatori. Il professor Segatti rileva poi che il Covid, in questo quadro incerto, ha finito per allontanare ancora di più gli anziani che si recavano regolarmente in chiesa prima della pandemia.

    I nonni in Italia ormai si sono abituati ad assistere alle liturgie in tv. Ma con la fine della pandemia la situazione non è tornata ai livelli precedenti, anzi, nella ricerca è ulteriormente peggiorata.

    Il cammino sinodale basterà?

    Il tema della scristianizzazione da tempo è al centro delle riflessioni di papa Francesco che, proprio per questo, ha convocato in Vaticano anche l’attuale Sinodo dei vescovi dedicato alla Sinodalità, vale a dire una maxi riflessione con l’obiettivo di individuare cammini condivisi per avvicinare la Chiesa alla gente e renderla maggiormente attrattiva. Tra i temi che si affacciano anche quelli relativi alla morale sessuale, all’omosessualità, alle donne, la questione degli abusi che riguarda anche problemi strutturali della Chiesa  e  come applicare metodi più condivisi, di leadership partecipativa nella gestione delle diocesi. Nella consultazione svizzera è stato anche suggerito con forza di chiedere al Sinodo che la Chiesa cattolica abbia un modello e un processo decisionale più decentralizzato e si è auspicato anche un maggior coinvolgimento dei giovani e un'attenzione secondo la loro dignità battesimale alle persone queer.

    La domanda su Dio e la Chiesa oggi

    Davanti a questi dati italiani che assomigliano sempre di più a quelli di altri Paesi, Svizzera in testa, oltre ai temi che in questi giorni entrano nel cammino sinodale e che sopra sono stati elencati, possiamo forse porre delle domande aggiuntive: la liturgia cattolica parla ancora un linguaggio e delle forme comprensibili alle nuove generazioni? La conoscono oppure i ragazzi sono alieni al senso di testi biblici e di formule ed espressioni liturgiche che ai loro orecchi risultano misteriose? Se sì, come rendere pedagogicamente comprensibile il tutto? Vale la pena prendere in considerazione una seria analisi di questi testi per capire se il messaggio che veicolano risulta comprensibile oggi? E possiamo anche chiederci: dove la gente va a cercare Dio oggi? Cosa offre la Chiesa di nuovo per incontrare le domande di senso delle persone? Si investe nel pensare a nuove vie di evangelizzazione o la Chiesa si limita a ripetere in parrocchie e gruppi, le stesse modalità, dal Concilio ad oggi, se non addirittura da prima del Vaticano II? Se stiamo vivendo quello che papa Francesco definisce "cambiamento d'epoca" forse non si dovrebbe investire un po' di tempo per capire in quali forme oggi la gente cerca Dio in questo cambiamento d'epoca e quali risposte rinnovate la Chiesa può offrire intercettando questa ricerca? Oppure più semplicemente, quali sono le domande di senso che le persone si pongono e come coraggiosamente sperimentare nuovi cammini per incontrarle? Se la Chiesa nella Gaudium et Spes è chiamata a incontrare il mondo contemporaneo, quale investimento viene messo in atto per favorire questo incontro in modo proattivo, cioè la Chiesa verso la gente e non sperando in un movimento contrario, sempre meno consistente? Domande aperte, la testimonianza bella di tanti cristiani è sicuramente una via di risposta, ma questi dati evidenziano bene che occorre riflettere su altre strade, se si vuole soprattutto prendere seriamente in conto il Vangelo proposto da Gesù di Nazareth, che a quanto pare fu un "innovatore", se almeno stiamo a quello che la storia racconta di lui per quell'epoca.

    agenzie/red/cv

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