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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 dicembre 2025)
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  • La misericordia: ancora di salvezza in un mondo ferito e sconvolto

    di padre Roberto Fusco*

    Di fronte agli eventi di rilevanza mondiale a cui stiamo assistendo e che, in maniera più o meno diretta ci chiamano in causa, i sentimenti che proviamo sono i più disparati. Avvertiamo sdegno e rabbia, vorremmo rendere giustizia degli oppressi che stanno soffrendo inutilmente per le folli ragioni di chi è al potere: non è fuori luogo, allora, – se non addirittura offensivo – parlare di misericordia? O addirittura celebrare una festa dedicata a questo particolare attributo di Dio? Probabilmente sì; eppure, se andiamo più a fondo, comprenderemo che in realtà mai come in questo momento storico è necessario riflettere sul significato della Divina Misericordia, e invocarla su tutta l’umanità. La festa dedicata alla Divina Misericordia che si celebra la seconda domenica di Pasqua fu istituita ufficialmente da San Giovanni Paolo II nel 1992, facendo eco ad una precisa richiesta del Signore alla mistica Santa Faustina Kowalska (1905-1938): Gesù, infatti, nel 1931 aveva richiesto alla suora polacca di far istituire una festa per ricordare ed esaltare la misericordia di Dio, per richiamare agli uomini di tutti i tempi il grande mistero della condiscendenza divina: il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché il mondo non perisca, ma si salvi per mezzo di Lui. Cerchiamo di contestualizzare questa richiesta di Gesù nel periodo storico in cui ciò avvenne: era da pochi decenni finita la prima guerra mondiale, ma una ben peggiore si profilava all’orizzonte della storia del XX secolo; mai come in quel periodo l’umanità avrebbe conosciuto la barbarie e la violenza perpetrata contro milioni di persone inermi. Di fronte a questo scempio, la richiesta di Cristo assumeva un valore profetico: l’uomo aveva davvero smarrito il senso della realtà, della sua dignità e persino della sua identità, manifestando la dimensione più malvagia e tenebrosa di sé. La festa della Divina Misericordia aveva un significato ben preciso: ricordare a tutti che essa è davvero l’ultima ancora di salvezza per un mondo sconvolto e in cerca di riferimenti. Cristo voleva ricordare agli uomini del XX secolo, e a quelli di tutti i tempi, che quando si permette alle tenebre dell’egoismo, del sopruso e della distruzione di massa di interi popoli di prendere piede nella storia, forse non si è più nemmeno in grado di chiedere perdono e tentare di convertirsi. Allora, l’invito accorato del Signore acquista un senso del tutto nuovo: si può ritrovare una parvenza di umanità e di rispetto per gli altri almeno credendo – cioè dando fiducia – alla misericordia di Dio. Una misericordia che non giudica e non condanna, ma che ha come unica esigenza quella di trovare nuove vie di dialogo tra vincitori e vinti. Riflettere sulla Divina Misericordia, in questa festa solenne, vuol dire anzitutto dare a noi stessi un’altra possibilità di valutazione: Dio, del resto, è Colui che fa fiorire persino il deserto. Immagine, questa, davvero eloquente: Egli ci ha mostrato sul Calvario un abbraccio tanto impossibile quanto reale del Giusto con un ladro malfattore, uniti da una misericordia infinita e da una fiducia senza limiti.
    Pregare, invocare e meditare sulla Divina Misericordia in questa seconda domenica di Pasqua assume per noi un significato davvero unico: del resto i misericordiosi – dice Gesù nelle beatitudini – riceveranno misericordia. Un modo per dire che essa crea un legame benedetto tra noi e Dio che mai come adesso è assolutamente indispensabile.

    *Docente di teologia spirituale alla FTL

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