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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (15 dicembre 2025)
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  • COMMENTO

    L’IA, strumento che non sostituisce la ricchezza dell’umano

    di Andrea Tornielli

    Ad essere fuorviante è innanzitutto il nome. Quello della cosiddetta “Intelligenza artificiale” è uno di quei casi in cui il nome ha contato e conta molto nella comune percezione del fenomeno. La Nota Antiqua et Nova dei Dicasteri per la Dottrina della fede e per la Cultura e l'Educazione ci ricorda innanzitutto che l’IA è uno strumento: esegue compiti, ma non pensa. Non è in grado di pensare. È dunque ingannevole attribuirle caratteristiche umane, perché si tratta di una “macchina” che rimane confinata nell’ambito logico-matematico. Non possiede cioè una comprensione semantica della realtà, né una capacità autenticamente intuitiva e creativa. Non è in grado di replicare il discernimento morale o un’apertura disinteressata a ciò che è vero, buono e bello, al di là di ogni utilità particolare. Insomma, le manca tutto ciò che è veramente e profondamente umano.

    L’intelligenza umana è infatti individuale e insieme sociale, razionale e allo stesso tempo affettiva. Vive attraverso continue relazioni mediate dalla insostituibile corporeità della persona. L’IA dovrebbe dunque essere utilizzata solo come uno strumento complementare all’intelligenza umana, e non pretendere di sostituirne in qualche modo la peculiare ricchezza.

    Nonostante il progredire della ricerca e delle sue possibili applicazioni, l’IA continua a rimanere una “macchina” che non ha responsabilità morale, quella responsabilità che permane invece su coloro che la progettano e la utilizzano. Per questo, sottolinea il nuovo documento, è importante che quanti prendono decisioni in base all’IA siano ritenuti responsabili per le scelte fatte, e che sia possibile rendere conto dell’uso di questo strumento in ogni fase del processo decisionale. Sia i fini che i mezzi utilizzati nelle applicazioni dell’IA devono essere valutati per assicurarsi che rispettino e promuovano la dignità umana e il bene comune: questa valutazione costituisce un criterio etico fondamentale per discernere la legittimità o meno dell’uso dell’intelligenza artificiale.

    Un altro criterio di valutazione morale dell’IA, suggerisce la Nota, riguarda la sua capacità di implementare la positività delle relazioni che l’uomo ha con il suo ambiente e con quello naturale, di favorire una costruttiva interconnessione dei singoli e delle comunità ed esaltare una responsabilità condivisa verso il bene comune. Per raggiungere questi obiettivi è necessario andare oltre la mera accumulazione di dati e di sapere, adoperandosi per raggiungere una vera “sapienza del cuore”, così come suggerisce Papa Francesco, affinché l’uso dell’intelligenza artificiale aiuti l’essere umano a diventare effettivamente migliore.

    In questo senso, la Nota mette in guardia da qualsiasi subalternità alla tecnologia invitando ad utilizzarla non per sostituire progressivamente il lavoro umano – fatto che creerebbe nuove forme di emarginazione e di disuguaglianza sociale – ma piuttosto come strumento per migliorare l’assistenza e arricchire i servizi e la qualità delle relazioni umane. E anche come aiuto nella comprensione di fatti complessi e guida nella ricerca della verità. Per questo, il contrasto alle falsificazioni alimentate dall’IA non è un lavoro soltanto per gli esperti del settore, ma richiede gli sforzi di tutti.

    Bisogna anche evitare che l’intelligenza artificiale sia impiegata come forma di sfruttamento o per limitare la libertà delle persone, per avvantaggiare pochi a spese di molti, o come forma di controllo sociale, riducendo le persone ad un insieme di dati. E non è accettabile che in ambito bellico si affidi a una macchina la scelta di togliere vite a degli esseri umani: purtroppo abbiamo constatato di quante e quali devastazioni siano responsabili le armi guidate dall’intelligenza artificiale, come tragicamente dimostrato nei tanti conflitti in atto.

    Leggi la sintesi su Vatican News

    Leggi il testo integrale della nota "ANTIQUA ET NOVA"

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