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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (18 dicembre 2025)
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  • Il Metropolita Hilarion

    Il Patriarcato russo: ricostruire Chiese e monasteri in Siria

    Dopo la «completa liberazione della Siria dai combattenti», sarà necessario «ricostruire Chiese e monasteri», «assicurare alla popolazione, soprattutto ai giovani, il lavoro» e «ricreare le infrastrutture economiche tradizionali della Siria». Lo ha detto il metropolita di Volokolamsk Hilarion Alfeev, “ministro degli Esteri” del patriarcato ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, nel corso di una visita a Bari. Dopo che una reliquia di San Nicola – santo patrono della Russia nonché del capoluogo pugliese – è stata traslata in Russia la scorsa estate «venerata da circa due milioni e mezzo di persone», Hilarion è stato insignito oggi della prima laurea ad honorem in Sacra Teologia della Facoltà Teologica pugliese.

     

    In una lectio che ha intrecciato passato e presente e ha toccato delicate questioni politiche come la persecuzione dei cristiani mediorientali e il conflitto ucraino, l’esponente ortodosso ha ricordato che i russi dell’epoca consideravano «autentici salvatori» delle reliquie i marinai baresi che nel 1087 portarono via i resti di san Nicola dall’Asia Minore (attuale Turchia), conquistata pochi anni dopo dai selgiuchidi (musulmani), ed ha prospettato che possa intensificarsi in futuro il flusso di pellegrini ortodossi che venerano le reliquie custodite dalla Chiesa cattolica e quello di pellegrini cattolici che si recano ai santuari ortodossi.

     

    Il presidente del Dipartimento per le Relazioni estere del patriarcato russo ha fatto il punto delle attuali relazioni ortodosso-cattoliche, ricordando in particolare l’incontro tra Papa Francesco e il patriarca Kirill a Cuba, a febbraio del 2016, e, a maggio-giugno sempre di quest’anno, la traslazione, «per la prima volta nella storia», di un frammento delle reliquie di San Nicola a Mosca e San Pietroburgo, venerato «da circa due milioni e mezzo di persone, provenienti non solo da varie regioni della Russia, ma anche dall’Ucraina, Belorussia, Moldavia e altri Paesi». Un evento «senza precedenti» che, per Hilarion, rappresenta «il primo avvenimento della storia dei rapporti tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa cattolica a essere largamente conosciuto, in cui sono stati coinvolti i più diversi settori della nostra società». E che sottolinea la «grande importanza» del pellegrinaggio ai «santuari comuni» nelle relazioni bilaterali cattolico-ortodosse. «Ad esempio, un enorme flusso di pellegrini ortodossi viene regolarmente a venerare reliquie custodite dalla Chiesa cattolica, e pellegrini provenienti dai Paesi cattolici si recano ai santuari ortodossi. Possiamo intensificare questi due flussi, per far in modo che i fedeli che visitano i santuari dell'altra Chiesa possano incontrarsi e conoscersi meglio. L'incontro a L'Avana ha suscitato nell'ambiente cattolico grande interesse nei confronti della Chiesa ortodossa russa, della sua ricca storia, delle sue tradizioni spirituali e del suo risveglio dopo decenni di persecuzioni».

     

    Proprio dalla plurisecolare storia delle reliquie di San Nicola è partito il metropolita Hilarion nella sua lectio doctoralis per ricordare, tra l’altro, che dopo lo scisma del 1054, «l’idea della riunione della cristianità di fronte alle invasioni dei pagani, che alla fine dell’unidcesimo secolo stavano sopraffacendo l’impero bizantino e i confini orientali dell’Europa, era condivisa dal gran principe Vsevolod Jaroslavitch (1030-1093), che difendeva i confini del mondo cristiano dalle popolazioni nomadi, e dal metropolita Efrem secondo, che per lungo tempo aveva amministrato la diocesi di Perejaslavl lungo tale confine.

     

    Entrambi – ha detto Hilarion, a quanto si legge nel discorso pubblicato sul sito dell’arcidiocesi di Bari – consideravano i marinai baresi, che avevano portato via le reliquie di san Nicola dall’Asia Minore al tempo delle invasioni dei turchi-selgiuchidi, autentici salvatori di dette reliquie, e l’istituzione in Russia della festa della Traslazione delle reliquie del santo significò una sorta di atto di solidarietà nell’opposizione comune agli invasori». Purtroppo «l’unità tra i cristiani d’Oriente e d’Occidente, cui aspiravano molti rappresentanti delle nostre Chiese, per diverse ragioni ancor oggi non è stata raggiunta. Tuttavia le circostanze storiche in cui i cristiani si ritrovano oggi, e le sfide cui si confronta l’intera umanità, ci spingono, pur senza aspettare la piena ricomposizione della comunione tra noi, a vivere ed agire in questo mondo non come concorrenti ma come fratelli per difendere insieme i valori che ci sono comuni. L’incontro a L’Avana dei Primati delle due più grandi Chiese cristiane ha testimoniato la coscienza di entrambe le parti che la situazione odierna del mondo esige che agiamo senza perder tempo».

     

    Oggi, in particolare, «i cristiani in Medio Oriente, nel nord Africa e in altre regioni del mondo, sono vittime di persecuzioni e genocidio» e «occorre che tutti i cristiani del mondo si uniscano nell’opporsi all’estremismo e nel difendere i nostri fratelli e le nostre sorelle perseguitati». Per Hilarion, «la minaccia dell'estremismo e del terrorismo è ancora molto alta, i cristiani continuano a lasciare le loro terre, i terroristi compiono ancora attacchi contro i copti in Egitto, e in Nigeria e in altri Paesi africani continuano i massacri di cristiani». In particolare, «dopo la completa liberazione della Siria dai combattenti, che speriamo possa avvenire nell’immediato futuro, sarà necessario ricostruire chiese e monasteri, che sono i centri tradizionali di consolidamento delle comunità cristiane; occorrerà assicurare alla popolazione, soprattutto ai giovani, il lavoro, ricreare le infrastrutture economiche tradizionali della Siria. In queste questioni, i siriani si aspettano un'assistenza su vasta scala da parte della comunità internazionale, non appena la guerra nel Paese cesserà del tutto».

     

    Infine, «un posto importante nelle nostre relazioni bilaterali è occupato dal conflitto in corso in Ucraina», ha detto il “ministro degli Esteri” del Patriarcato russo. «Siamo grati alla Santa Sede per la sua posizione di grande equilibrio riguardo al conflitto in corso in Ucraina. Sfortunatamente, lo scontro pubblico in Ucraina, che è stato menzionato nella Dichiarazione congiunta dello scorso anno, non è terminato, il che ha anche un effetto negativo sulle relazioni interconfessionali. La Chiesa ortodossa ucraina, non volendo sostenere nessuna delle parti in conflitto, è come presa in ostaggio dallo scontro nel Paese. Una grandissima pressione politica e amministrativa viene esercitata su di essa, i luoghi di culto le vengono sottratti, la nostra Chiesa è fatta bersaglio di una potente campagna di diffamazione», ha affermato Hilarion, secondo il quale «un importante prerequisito per giungere al consenso e alla fiducia tra le confessioni in Ucraina – ha detto in riferimento alla dichiarazione firmata da Kirill e dal Papa – è stata la dichiarazione che l’uniatismo non è un mezzo adatto al raggiungimento dell'unità tra le Chiese, e che il proselitismo, in qualsiasi sua manifestazione, è inaccettabile nelle relazioni ortodosso-cattoliche». E «sebbene la leadership della Chiesa greco-cattolica ucraina abbia percepito in modo negativo le affermazioni della Dichiarazione congiunta riguardanti l'Ucraina, stiamo operando degli sforzi per fare in modo che la presa di coscienza della comune responsabilità per la pace interreligiosa e civile nella società ucraina possa servire ad un fruttuoso sviluppo del dialogo tra le Chiese».

    Iacopo Scaramuzzi - VaticanInsider

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