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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (20 dicembre 2025)
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  • COMMENTO

    Presentazione del Signore al Tempio. Commento al Vangelo

    Calendario romano: Luca 2, 22-40

    Se in questa domenica liturgicamente si celebra la presentazione di Gesù al Tempio, nella tradizione popolare questo giorno di festa assume il nome di Candelora. Nel rito domenicale cattolico si benedicono, appunto, le candele: simbolo di Cristo, “luce per illuminare le genti”, per citare san Simeone. È una ricorrenza ecumenica, osservata anche dagli Ortodossi e da diverse Chiese protestanti. Anticamente si celebrava quaranta giorni dopo l’Epifania. Un dato che coincide con il periodo che doveva trascorrere, secondo la legge di Mosè, per riscattare con un sacrificio ogni primogenito del popolo ebreo, che alla nascita era considerato offerto al Signore. E così nemmeno Giuseppe e Maria poterono sfuggire alla tradizione, come leggiamo nel brano del Vangelo che Annalisa Orefice, membro del Focolare femminile, commenta assieme a Dante Balbo per la trasmissione televisiva “Il Vangelo in Casa” di Caritas Ticino. «Infatti» esordisce Annalisa «Portarono in sacrificio ciò che la loro umile condizione gli permetteva: una coppia di colombi». Nonostante questo, suggerisce Dante Balbo, la loro presenza non passa inosservata: uno degli anziani presenti, Simeone il vecchio, si accorge che quel bambino non era come tutti gli altri. «Infatti, è proprio lui a dire: finalmente ho tenuto in braccio la gloria di Dio. Ora posso andare in pace». Secondo Dante Balbo l’attesa “realizzata” di Simeone (e di Anna), nel tempio, è una metafora efficace di un tempo di bilancio che segue la riconciliazione con Dio. «È in fondo così anche per noi, nella nostra comunità» replica Annalisa Orefice, «ad esempio a fine giornata, nei momenti di preghiera che viviamo quotidianamente di sera, quando rimettiamo la nostra giornata nelle mani di Dio».

    Cristiano Proia, dalla rubrica televisiva Il Vangelo in casa di Caritas Ticino in onda su TeleTicino e online su YouTube

    Calendario ambrosiano: Luca 2, 22-40

    Ad attenderli, una coppia di anziani innamorati di Dio: Simeone, che é “un uomo giusto e pio” e che aspetta la consolazione d’Israele. Lo Spirito Santo é sopra di lui. E Anna, la profetessa, ottantaquattro anni e vedova che ha fatto del tempio la sua casa, luogo dal quale custodisce la storia del suo tempo e non smette di coltivare la speranza e dove vive in contemplazione e attesa. Il Bambino passa tra le braccia dell’uno e dell’altra, tra stupore, carezze e sorrisi. Simeone, vedendo e riconoscendo Gesù prorompe in un canto di gioia irrefrenabile: la pienezza che l’incontro gli suscita, lo fa sentire già in paradiso, ora può anche morire. Benedice i genitori, che pure sentono di vivere qualcosa che li supera, che ancora non comprendono, che ancora non sanno. All’amore si accosta il dolore: a Maria, Simeone dice parole difficili e grandi: questo suo figlio è venuto per molti, per la caduta e la resurrezione e sarà segno di contraddizione. Solo una mamma capisce quanto questo può essere vero, per ogni figlio, e solo una donna come Anna, che appare nel racconto dopo questa rivelazione, in quell’ora, può riportare luce e speranza nel cuore della giovane madre. Una speranza che trabocca dal tempio, espandendosi anche all’esterno, raggiungendo “quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”: sì una spada trafiggerà il cuore di Maria, ma quale grande libertà e gioia saprà portare al mondo questo bambino! Simeone e Anna: anziani, laici, coltivatori silenziosi dello Spirito, vivono un tempo sentito ultimo: tanto che Simeone si dichiara pronto a morire, ora che “i suoi occhi hanno visto la salvezza”. Un tempo ultimo reso fecondo dall’attesa della vita più che della morte. Un’attesa accogliente, nutrita di digiuni, di preghiere, di servizio, di ascolto, che ha permesso ad entrambi di accorrere al tempio proprio nel momento giusto perché potesse avvenire l’incontro della vita.

    Unione Femminile Cattolica Ticinese

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