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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (17 dicembre 2025)
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  • Scorsese, l'umanità che resiste all'orrore

    Quando il 21 ottobre scorso si sono di nuovo incontrati, Martin Scorsese e Papa Francesco, hanno ripreso una conversazione come possono fare due vecchi amici che si intendono al volo, senza alcuna fatica, eppure l'ultima volta che si erano visti era stata quasi esattamente un anno prima, il 23 ottobre 2018 nell'auditorium dell'Augustinianum in occasione dell'incontro di giovani e vecchi con il Santo Padre e della presentazione del libro La saggezza del tempo. Il Papa dopo avergli chiesto notizie della moglie ha voluto sapere qualcosa sul suo nuovo film, The Irish Man, e il regista italo-americano ha spiegato come si tratti di un film sul tempo e la mortalità, l’amicizia e il tradimento, il rimorso e il rimpianto dei tempi passati.

    Tra i due è cominciato un dialogo semplice quanto profondo che presto è approdato al nome di Dostoevskij, comune passione dell'uno e dell'altro, che con i suoi romanzi fa da sfondo all'opera del regista di Meanstreets e di Silence ed è proprio dal grande scrittore russo che intendo partire per riprendere quella conversazione riallacciandomi a The Irish Man e al protagonista, Frank Sheeran (interpretato magistralmente da Robert De Niro) che appare come l'unico sopravvissuto che quindi può e deve parlare, l’unico vivo che manda “Notizie da una casa di morti”. Non a caso di tutti gli altri personaggi, appena compaiono in scena, una scritta che ferma l’immagine ci indica la data e il modo, sempre violento, della morte. Frank è vivo e parla, anzi si confessa, guardando fisso nella telecamera, negli occhi dello spettatore. È un altro film profondamente spirituale della carriera di Scorsese, del resto nella lunga intervista rilasciata a padre Antonio Spadaro ai tempi del film precedente Silence, il regista di New York  ha rivelato di essere “ossessionato dalla spiritualità”, cioè dalla domanda su cosa siamo noi esseri umani. Questa domanda secondo lui costringe ognuno di noi a guardarsi in faccia, da vicino, a guardare il bene e il male che è dentro di noi.

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