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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (16 dicembre 2025)
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  • Don Arturo Cattaneo presiede la liturgia in ricordo del Santo fondatore dell'Opus Dei

    Al Sacro Cuore di Lugano un pensiero in memoria di San Josemaria Escriva

    La comunità e gli amici dell'Opus Dei in Ticino hanno ricordato con una liturgia celebrata nella chiesa del Sacro Cuore a Lugano la memoria di san Josemaria Escrivá, (Barbastro - Spagna, 9 gennaio 1902 – Roma, 26 giugno 1975), presbitero spagnolo, fondatore dell'Opus Dei. È stato canonizzato nel 2002 da papa Giovanni Paolo II.

    Don Arturo Cattaneo ha presieduto la celebrazione eucaristica. Riferendosi alle letture del giorno, don Cattaneo ha sottolineato: "Abbiamo appena ascoltato l’invito, rivolto a ciascuno di noi, a “prendere il largo”, a vivere con coraggio e in pienezza ogni aspetto e attività della nostra giornata, lasciandoci “guidare dallo Spirito Santo. Questa, in fondo, è la chiamata alla santità, che con tanto impegno ha vissuto e ha diffuso san Josemaría". Chiamato «il santo dell’ordinario», da un altro Santo, quel Giovanni Paolo II che lo ha elevato agli altari. Don Arturo ha spiegato il senso di questa definizione: "Dio gli fece infatti scoprire il valore redentivo della «vita nascosta» di Gesù, di quegli anni trascorsi in famiglia e nella bottega di Giuseppe, di quella sua vita ordinaria, di lavoro e di fatiche quotidiane. Questa Sua vita dà luce nuova alla nostra vita, ci permette di scoprirne il valore nel piano salvifico di Dio. Ma affinché tale progetto si realizzi – ricordava san Josemaría –occorre lasciar operare Gesù in noi; solo così la nostra vita si trasformerà in opera di Dio, in Opus Dei".

    IL sacerdote ticinese ha poi ricordato che il santo spagnolo diceva anche che «la vocazione cristiana consiste nel trasformare in endecasillabi la prosa quotidiana. Il cielo e la terra, figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell’orizzonte. E invece no, è nei vostri cuori che si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria». È la scelta di "incontrare Dio nelle cose apparentemente piccole della nostra vita di ogni giorno. Quelle piccole cose, fatte con amore e per amore, acquistano grandezza. La santità diventa così veramente alla portata di tutti", ha proseguito don Arturo. Un'idea che ritroviamo nella predicazione di papa Francesco, ad esempio, " nella scorsa veglia pasquale commentando l’apparizione dell’angelo alle pie donne che si erano recate al sepolcro. L’angelo disse loro: «Gesù vi precede in Galilea; là lo vedrete» (Mt 28,7). Ed ecco il commento del Papa: «Per gli apostoli la Galilea è il luogo della vita quotidiana, dove lavoravano. Gesù ha piantato la sua presenza nel cuore del mondo e invita anche noi a riscoprire la grazia della quotidianità». Ha proprio detto così il Papa: «la grazia della quotidianità»". Un'espressione -che secondo don Arturo - colpisce nel segno, "poiché spesso si tende a confondere la quotidianità con la routine, con un ritmo di vita e di attività monotono e ripetitivo: il trantran quotidiano! Non la si apprezza affatto, la quotidianità". Una quotidianità dalla quale alcuni fuggono "con lo sballo o lo sbando nel weekend", perché in questi casi "più che la vita ordinaria attrae tutto ciò che è eccitante, vistoso, straordinario". Di nuovo, riprendendo il Papa, don Arturo ha citato l'esortazione apostolica di Francesco "Gaudete et exultate". «Mi piace - scrive il Papa - vedere la santità nel popolo di Dio nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati e negli anziani che sorridono... Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (n. 7)".

    Per finire, quindi l'esortazione del celebrante a non accontentarsi di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente e per questo la preghiera a san Josemaría affinché " aiuti a scoprire quella «porta accanto» della santità nelle ordinarie incombenze della nostra vita quotidiana. Che ci aiuti a scoprire, come lui diceva, quel «qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni»".

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