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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (12 dicembre 2025)
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  • L'arcivescovo Mario Delpini

    Il discorso di mons. Delpini per Sant'Ambrogio

    “Pagare le tasse non può essere inteso come fosse un rassegnarsi a un’estorsione; è piuttosto un contribuire a costruire la casa comune, anche se – sottolinea – il sistema fiscale del nostro Paese necessita di una revisione profonda”. Sono parole dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini, nel suo primo solenne discorso di Sant’Ambrogio, un intervento impegnativo e molto apprezzato.

    Il nuovo pastore di Milano chiede un’alleanza “per un’arte del buon vicinato”, ricordando alcune priorità per evitare «lo sperpero e il degrado» e “la nascita di ghetti e zone di segregazione» e proponendo alcuni temi sull’agenda: emergenza casa in primis. Ma lo chiede anche ai milanesi. “È dovere di tutti contribuire a una cultura della legalità e del rispetto. È irrinunciabile da parte delle famiglie e delle agenzie educative formare una mentalità che apprezza il bene comune”. Cita il poeta Eugenio Montale, invitando a rendere superata la sua visione di Milano come “un enorme conglomerato di eremiti”. Cita Papa Francesco e cita l’«antica saggezza» dell’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

    Parla anche di sicurezza partecipata perchè l'”arte del buon vicinato parte da uno sguardo, che significa mi accorgo che esisti anche tu», «rifugge dalla curiosità invadente e pettegola, non si accontenta di una porta blindata per garantirsi la sicurezza, ma si sente rassicurato dalle relazioni di reciproca attenzione che si sono stabilite e sono state custodite». Aggiunge la regola della «decima», consigliando buone pratiche. Ogni dieci parole che dici, ogni dieci discorsi che fai, dedica al vicino di casa una parola amica, una parola di speranza e di incoraggiamento”. E, ancora, “se sei uno studente o un insegnante, ogni dieci ore dedicate allo studio, dedica un’ora a chi fa fatica a studiare». Vale per gli sportivi, vale per i cuochi. “Naturalmente la regola delle decime potrebbe essere anche molto più impegnativa se si passa ad esempi più consistenti – ricorda anche a chi è seduto in prima fila – ogni dieci case che affitti… cosa fai?”.

    “Sono partito dalla storia di Sant’Ambrogio, funzionario, e ho fatto un elogio alle istituzioni non perché cerco un vescovo. C’è già. Nessuno è perfetto e tutto si può migliorare”, ma l’elogio è “anche per svegliare i giovani, per scuotere i pensionati in piena efficienza» e per chiedere a tutti di far parte dell’alleanza: “chi abita da sempre in città e chi è arrivato oggi, chi abita in centro e chi abita in periferia, chi parla il dialetto milanese e chi stenta a parlare italiano, chi ha un passaporto granata, chi ha un passaporto blu, verde, rosso” per contrastare la tendenza all’”individualismo egocentrico”.

    “Dentro la tensione, dentro lo scontro che esaspera la città, dentro i conflitti di fazioni contrapposte, dentro la rivendicazione di privilegi e di potere, dentro la contrapposizione tra gruppi che pure hanno analoga radice religiosa, si intromette un uomo dell’istituzione, prende la parola un funzionario custode dell’ordine pubblico. L’uomo dell’istituzione si chiama Aurelio Ambrogio”, ricorda il presule nel tradizionale appuntamento al quale sono state invitate le autorità, i sindaci dei Comuni di tutto il territorio in cui si articola la grande diocesi milanese. Sono presenti “anche le famiglie internazionali, in rappresentanza – spiega l’ufficio comunicazioni della diocesi – dei cittadini milanesi provenienti da altri contesti geografici e culturali”. Il vescovo ha avuto con loro un incontro particolare prima dell’inizio della celebrazione.

    Delpini cita poi un passaggio “Dalla vita di sant’Ambrogio di Paolino di Milano”, per aggiungere: “La sua abilità nell’argomentare, la sua autorevolezza personale, la sua determinazione e il suo coraggio convincono i contendenti alla ragionevolezza, zittiscono gli estremisti, impongono una maggior pacatezza. Ma la soluzione del conflitto si presenta come per incanto quando la voce di un bambino, il consenso popolare, l’imprevista possibilità di un successore del vescovo ariano Aussenzio che non desse ragione a nessuno dei due partiti contrapposti fa convergere tutti sulla candidatura di Ambrogio all’episcopato”. “Celebriamo quindi il servizio reso alla comunità di Milano da un funzionario imperiale. Ambrogio, a quanto pare, si è rivelato un candidato promettente a una responsabilità ecclesiastica perché ha esercitato il suo incarico politico amministrativo in modo da guadagnarsi il favore popolare, la stima dell’imperatore e dei suoi superiori. Ha svolto così bene il suo compito di rappresentare l’istituzione civile da essere desiderato nel ruolo di vescovo dentro l’istituzione ecclesiastica. I tratti che raccomandano Ambrogio come vescovo sono la sua vicinanza alla gente, il suo farsi presente e mettersi di mezzo in un momento che poteva degenerare in un conflitto, il suo desiderio di mettere pace e la sua abilità nel persuadere”.

    FaroDiRoma

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