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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (17 dicembre 2025)
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  • Don Verdi: "La bellezza è trasformare le ferite in una benedizione"

    Romena, in Toscana. Chi legge questo  nome forse andrà con la memoria  a Dante, che la menziona nella  Divina Commedia, visto che qui trascorse  un certo tempo. Siamo in una  valle intrisa di spiritualità, la valle di  Camaldoli e La Verna. A Romena c’è  una Pieve attorno alla quale, negli anni,  è nata una fraternità che ha come  punto di riferimento un prete toscano,  don Luigi Verdi, volto noto a chi  segue al sabato la trasmissione su  RAIUno «A Sua immagine» alle 16,  dove don Gigi conduce la rubrica «Le  ragioni della speranza».

    Don Luigi è  cristiano per conversione e prete per  vocazione, lui che proviene da una famiglia  «rossa» e operaia. Nato con  una disabilità alle mani che lo segna  per sempre, povero e con un padre  che quella miseria aveva reso anche  violento nei confronti della madre e  dei figli, lui rielabora questo vissuto  duro grazie ad un incontro che gli fa  presente l’accoglienza e la speranza  di una risurrezione possibile. Per  questo don Luigi ha nel DNA la sensibilità  giusta per stare accanto ai feriti  della vita e a chi è in ricerca, due parole  che sintetizzano la missione della  sua fraternità nata 25 anni fa, attorno  alla Pieve di Romena: offrire un  luogo di sosta ai viandanti di ogni dove  per ritrovarsi e riscoprire la bellezza  della propria unicità, una sosta per  poi riprendere e proseguire il proprio  personale cammino di crescita.

    Don  Luigi terrà un incontro in parrocchia  a Besso, lunedì prossimo 21 ottobre  alle 20,30.  Don Luigi, quanto c’è bisogno di essere  ascoltati e di luoghi dedicati a  questa attenzione, come la vostra  fraternità di Romena?  «Stiamo vivendo in un mondo abitato  da ritmi folli e veloci, come mai prima  nella storia, la cui conseguenza è  una frammentazione individuale e  una grande disattenzione: il corpo va  da una parte, l’anima dall’altra, la  mente da un’altra ancora, non hai più  una vita unificata. Nella nostra fraternità  non vogliamo convertire nessuno  ma aiutare le persone a ricuperare  l’attenzione più preziosa: ascoltarsi.  L’ascolto è l’inizio». 

    Lei ascolta storie di persone ferite:  il male ha un senso, quale?  «Il male è dentro alla vita, la vita è un  insieme di bellezza e frattura, di dolore  e gioia. Quindi il vero problema è  quello di “stare dentro al male”, dentro  a quelle che io chiamo “le ombre”.  Cos’è l’ombra? È qualcosa o qualcuno  che si mette tra te e la luce. Bisogna  quindi vedere dov’è l’ombra nella tua  vita, qualcosa o qualcuno che offusca  la luce che hai in te: la malattia, il lutto  da elaborare, il dolore è spesso  qualcosa che non possiamo fare altro  che portarci dentro e attraversarlo». 

    Come si può vivere con il proprio  dolore, fisico o morale che sia?  «Dal dolore non puoi fuggire, devi attraversarlo  riscoprendo un atteggiamento  fondamentale: la dignità. Io  accompagno tanti genitori che hanno  perso dei figli. La cosa più bella per  me è quando vedo persone ferite che  avrebbero tutto il diritto di maledire  la vita, ma invece di maledirla la portano  avanti, si “alzano”. Pensiamo alle  beatitudini del Vangelo: “beati voi  che soffrite”. Spesso si crede che “beati”  voglia dire “felici”, invece non è così,  il termine ebraico significa “stai diritto  in piedi” tu che sei povero, tu che  soffri. Per me aiutare la gente a stare  in piedi davanti e dentro al dolore, significa  puntare sulla loro dignità». 

    Prima ha detto che l’ascolto è l’inizio.  Cosa serve ancora?  «Certo l’ascolto è importante ma siamo  fatti di corpo, mente e anima.  Quindi abbiamo bisogno anche di silenzio,  che per me è 100 volte più potente  delle parole, ma anche di lavoro  fisico e di una casa. A Romena diciamo  che una persona necessita di  tre cose: un pezzo di pane, un po’ di  affetto e di sentirsi a casa. “A casa” significa  avere qualcuno che mi guarda,  mi ascolta, mi perdona, mi consola.  Questo serve molto di più della sola  analisi psicologica». 

    Il tema dell’incontro di lunedì sera  a Besso è «l’amore fattelo bastare»:  basta veramente l’amore?  «Oggi viviamo in un tempo dominato  dalle paure, ma la paura per me è  un sentimento che viene al secondo  posto, infatti hai paura perché ami  qualcuno. “L’amore fattelo bastare”, è  un messaggio che provoca in un tempo  dove sembra che mai nulla basti  invece di riuscire a ripartire da quel  “poco” che si ha, dalle cose essenziali.  Se l’amore non basta, niente ti basterà  mai». 

    Cristina Vonzun

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