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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (17 dicembre 2025)
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  • Famigliari curanti in Ticino durante la pandemia: «Si può trasformare la fatica in occasione»

    «Sentivo il bisogno di trovare la mia “stella polare”, un senso e un modo di stare in questa situazione che aveva fatto emergere tutto il mio limite e il mio bisogno di aiuto e sostegno». Così si esprime Patrizia Berger, mamma di Sara (nella foto) una giovane donna affetta da disturbi dello spettro autistico. I familiari curanti, cioè coloro che accudiscono un loro parente portatore di qualche disabilità o malattia, sono confrontati, spesso in modo drammatico, dall’emergenza sanitaria. «Dopo la chiusura del centro diurno che frequenta Sara – continua Patrizia – abbiamo dovuto trovare nuove modalità per gestire la convivenza prolungata in casa e in particolare nuove routine che potessero garantire una strutturazione delle giornate, fondamentale per la tranquillità di mia figlia. Dopo il pensionamento, io e mio marito ci eravamo dedicati ai nostri interessi, personali e condivisi, felici di poter finalmente riappropriarci del nostro tempo. L’appuntamento giornaliero fisso era quello della Messa delle 12.00 nella chiesetta di San Carlo a Lugano e il pranzo insieme. Dopo l’ultimo momento comunitario di sabato 14 marzo con il gruppo di preghiera di Padre Pio, le nostre giornate sono state letteralmente stravolte». Nonostante un’attenta e oculata riorganizzazione giornaliera, restare chiusi in casa può essere fonte per chiunque di grandi frustrazioni, a maggior ragione per una persona con delle gravi disabilità. «Mia figlia era spesso reattiva - ci dice Patrizia - a volte esprimeva il suo disagio anche con aggressività. Dopo l’ennesima crisi, ritirandosi in camera piangente, ha scritto un messaggio nel quale era evidente la sua necessità di essere accolta, ascoltata, capita. Mi è allora diventata chiara la grande opportunità che la presenza di Sara, con la sua fragilità, mi offriva. Quella di mettere al centro delle mie giornate il suo bisogno e la sua felicità, offrire il mio tempo e le mie energie per stare in un rapporto più vero con lei, perché proprio attraverso il volto di chi mi è più prossimo posso incontrare il Signore. Abbiamo quindi deciso di attivare i pasti a domicilio e contattato alcuni amici per aiutarci con la spesa alimentare per avere più tempo da dedicare ai rapporti personali. Ma soprattutto abbiamo cercato di dare un senso alle rinunce e restrizioni, così che gradualmente sono divenute un’occasione per essere più responsabili nel dare un nostro piccolo contributo al contenimento del contagio. Rinunciare alle nostre piccole gratificazioni e piaceri personali, è diventato non più motivo di frustrazione, bensì offerta per un bene comune più grande». In mezzo a questa bufera, imprevista ed imprevedibile, non mancano momenti lieti. «Un giorno, uscendo nel bosco – conclude Patrizia - abbiamo trovato una radura con dei fiori meravigliosi, illuminati da un raggio di sole. Ho proposto a Sara di fare una foto per catturare e serbare questo momento bellissimo e soprattutto il suo volto ritornato sereno, come il mio cuore. Questa luce era un dono e un segno chiaro del Signore che ci era venuto in aiuto. Questa emergenza sta diventando una grande opportunità per sperimentare un nuovo modo di vivere i rapporti e il tempo. In questa nuova dimensione, più spirituale, anche la grande preoccupazione e domanda, che inizialmente mi toglieva il respiro: “se dovessi ammalarmi chi si occuperà di Sara?” può essere guardata con fiducia e speranza, nella certezza che il Signore non ci abbandona mai».

    Federico Anzini

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