Consenso Cookie

Questo sito utilizza servizi di terze parti che richiedono il tuo consenso. Scopri di più

Vai al contenuto
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (16 dicembre 2025)
Advertisement
  • Francesco in Cile, una visita “difficile”

    Diverse sondaggi e analisi demoscopiche dicono che in Cile, a soli 12 giorni dalla visita di Papa Francesco a tre città del Paese, l'empatia per l'evento è bassa, anzi, bassissima: 36%. Da mesi sulla stampa vari osservatori e commentatori, cileni e non, ripetono quasi con stanchezza: «La gente è indifferente, lontana, indaffarata in altre cose... irritata con la gerarchia, e non è proprio l'arrivo del Papa ciò che sta in cima ai pensieri dei cileni». Perciò in molti parlano di una «visita molto difficile, complessa e incerta, problematica». È fuori dubbio che il Papa, ben voluto e rispettato, sarà ben accolto e benvenuto, ma è anche chiaro che quasi nessuno si aspetta nulla di particolare. In queste ore alcuni organi di stampa riconoscono di provar sollievo poiché la visita sarà breve e ciò può aiutare a mantenere l’evento nei giusti binari, in particolare evitare le polemiche e possibili strumentalizzazioni.

     

    Il lento declino che viene da lontano

    In questi mesi si sono date, da più parti, diverse spiegazioni più o meno plausibili e ben argomentate a questa tiepida attesa che sembra dominare gli animi in Cile. L'ultima, molto ricorrente in queste ore anche se non nuova, è il «costo economico» per il Paese. Si parla di 10 milioni di pesos (40% a carico della Chiesa locale e il resto a carico dello Stato). Tale fastidio, minimo, si aggiungerebbe però a tanti altri che si trascinano da molti anni e che, in realtà, parlano ed evidenziano una chiesa locale in crisi. Ed è questa la vera questione cilena nel contesto del pellegrinaggio di Francesco, 30 anni dopo di quello di san Giovanni Paolo II.

     

    Insomma, la presunta indifferenza per questa visita sarebbe una conseguenza diretta e immediata del relativamente basso prestigio e della limitata autorevolezza della Chiesa cilena, in particolare della sua gerarchia, alla quale l'opinione pubblica ormai attribuisce numerosi discutibili comportamenti, con conseguenti critiche, spesso feroci. E non si tratta soltanto di critiche provenienti dall’esterno della comunità ecclesiale.

     

    È importante ricordare che qualche anno fa Papa Francesco ricevette in Vaticano un lunga e articolata lettera firmata da decine di laici cattolici – alcuni di loro figure nazionali di rilievo in diversi campi della scienza, cultura, arte – che sottolineava al Pontefice i punti più delicati della profonda crisi della chiesa cilena; crisi che in un qualche modo si trascina dai tempi di Papa Wojtyla e che ha al centro della sua riflessione la qualità dei nuovi vescovi nominati negli anni passati.

     

    Dall’esterno, infatti, la Chiesa cilena appare senza progetto, autoreferenziale, spesso sulla difensiva e non particolarmente entusiasta del magistero di Papa Francesco, neanche dei momenti e documenti che - come le encicliche Lumen fidei e Laudato si’ oppure e le esortazioni Evangelii Gaudium o Amoris laetitia – hanno dato origine, in altre chiese della regione, a grandi istanze di riflessioni, analisi e discussioni. Nel Paese spesso su questa chiesa si usa l'espressione «ensimismada», e cioè «chiusa in se stessa», proprio il contrario di quanto, da quasi cinque anni, chiede e desidera il Papa.

     

    Sarebbe un errore credere o ipotizzare che quella cilena è una chiesa contraria o critica al magistero di Jorge Mario Bergoglio. La situazione non è affatto questa e il problema riguarda una sorta di stato di prostrazione o convalescenza che sembra egemonizzare la vita di questa comunità ecclesiale che, essendo fortemente clericale, finisce per identificare la comunità cattolica tutta con la gerarchia. In Cile la comunità ecclesiale nel suo vero e autentico significato è estremamente fragile. Esistono solo i vescovi e i sacerdoti, in particolare quelli che si limitano a fare da cinghia di trasmissione alle direttive episcopali, senza margini legittimi e sensati di autonomia, creatività e iniziativa. In Cile sacerdoti di questo tipo rischiano l'isolamento e l'ostracismo per via del peso schiacciante di un certo tipo di autorità episcopale che, a volte, non ha nulla a che fare con il magistero e il ministero del vescovo.

     

    La Chiesa cilena è una Chiesa ferita. Le sue molteplici piaghe, sofferenze, patimenti, fanno parte di un elenco lungo: dai difficili rapporti con il governo uscente della signora Bachelet (depenalizzazione dell'aborto, riforma educazionale, diritti civili, questione “Mapuche”, solo per citarne alcuni), ai gravissimi problemi di pedofilia, con particolare riferimento a casi di occultamento o copertura (che coinvolgerebbero anche alcuni vescovi), la vicenda del vescovo di Osorno, monsignor Juan Barros (nominato da Francesco e molto inviso a una parte dei fedeli), una stampa in generale piuttosto ostile e molto critica dei tre cardinali del Paese (Ezzati, arcivescovo di Santiago in regime prorogato, Errázuriz e Medina) e la percezione generalizzata che quella cilena è una Chiesa fuori dal tempo e addirittura fuori dalle dinamiche ultime della comunità ecclesiale universale.

     

    Le ambiguità del governo cileno nel suo rapporto con il Vaticano e la questione boliviana

    È vero che da mesi il governo uscente della signora Bachelet lavora alacremente, e con generosità, per il successo della visita del Papa, ma è anche vero che fino a poco tempo fa la visita di Bergoglio non era desiderata. Il vero, ufficiale e formale invito (tramite una lettera firmata dal presidente) del governo cileno a Papa Francesco per una visita è arrivato in Vaticano i primi giorni del giugno scorso (sei/sette mesi fa). Prima si era sempre parlato verbalmente di una simile possibilità, una modalità diplomatica non sufficiente per concretizzare una visita apostolica. Il governo, in due diverse circostanze, fece pervenire alla Conferenza episcopale cilena, tramite speciali emissari, il suggerimento di convincere Papa Francesco a desistere dal proposito di visitare il Cile (in quelle circostanze l’ipotesi era un viaggio a Uruguay, Cile e Argentina). I vescovi, sono rimasti perplessi e imbarazzati, perché avevano già invitato il Papa, anche per scritto e a più riprese, e ritenevano che il governo fosse d’accordo.

     

    Insomma, da un lato si parlava di una visita con parole di benvenuto ma, in via del tutto confidenziale ma ufficiale, si cercava di scoraggiare i propositi del Papa. Perché? Perchè nella politica interna e fra i partiti, tutti in crisi di credibilità, al centro di critiche durissime per ragioni legate alla corruzione e altri malcostumi, era tornato il carsico «tarlo boliviano», vale a dire la lunghissima controversia fra Santiago e La Paz in merito alla richiesta di quest’ultima di uno sbocco sul Pacifico.

     

    È ben noto che Evo Morales, presidente della Bolivia, come tutti i suoi predecessori ha fatto di questa richiesta un cavallo di battaglia anche in vista di terza rielezione e in questo contesto tempo fa, a sorpresa, ha posto la questione sotto un arbitrato del Tribunale dell'Aia. Il Cile, che ritiene di avere ragioni, ha accettato subito. Ad un certo punto però, per ragioni non del tutto chiare (e forse legate a vicende partitiche interne e ad ambizioni personali), dal Cile è partita una sorta di campagna subdola che “accusava” Papa Francesco di essere filo-boliviano, troppo vicino a Evo Morales e dunque, indirettamente, “ostile” al popolo cileno. Così venne presentato da più parti e per essere convincenti questi accusatori, spesso dietro a coperture anonime, hanno attribuito al Papa parole da lui mai pronunciate.

     

    Il discorso tenuto dal Papa a La Paz, nell'Incontro dei movimenti Popolari nel luglio del 2015, è servito, nelle mani di politici dei due Paesi, per affermare numerose inesattezze e dar vita a non poche bugie: si è quindi creata l’immagine falsa del «Pontefice argentino più amico dei boliviani che dei cileni». Al riguardo ha certamente molto aiutato l'astuzia di Evo Morales, che da anni non si stanca di attribuire al Papa frasi e pensieri che lo presentano come un sostenitore e sponsor della causa boliviana, cosa invece falsa e senza alcun fondamento.

     

    Di fronte a tutto ciò ormai c’è poco da aggiungere. La visita e il suo svolgimento è tutto nelle mani di Papa Francesco che, ne siamo certi, consapevole di ogni realtà saprà far passare il suo messaggio di vicinanza e affetto per la Chiesa e tutto il popolo del Cile.

    Luis Badilla - Francesco Gagliano - VaticanInsider 

    News correlate

    Strada Regina: il Papa in Cile e Perù

    Tutti i gesti, le parole, le immagini e i retroscena commentati da Piero Schiavazzi, vaticanista dell'Huffinghton Post.

    COMMENTO

    Un Papa sempre sul pezzo

    I gesti del Papa che gli vediamo compiere sono tratti tipici di una pastorale della strada che coglie nei bisogni immediati del popolo gli input per essere una presenza viva, vivacissima, dentro la vita della gente.

    “Senza il noi di un popolo la vita sarà sempre più frammentata e violenta”

    L’intervento di Papa Francesco all’Università cattolica del Cile: rilanciare il compito della comunità educativa per realizzare una nuova convivenza nazionale.

    no_image

    Papa a Iquique: non c’è gioia se si chiudono le porte

    Papa Francesco celebra la Messa al Campus Lobito, a Iquique, nel nord del Cile, un zona dove si registra una forte immigrazione.

    Il Papa visita il santuario di San Alberto Hurtado e incontra privatamente 90 gesuiti

    Breve saluto con 40 persone assistite negli “Hogar di Cristo”, le case di accoglienza per gli emarginati fondate dal gesuita cileno canonizzato nel 2005.

    Francesco ai giovani cileni: essere protagonisti è fare ciò che ha fatto Gesù

    Senza la connessione con Gesù finiamo per annegare i nostri sogni: lo ha detto il Papa ai giovani che l'hanno accolto nel Santuario di Maipù. Francesco li ha esortati ad essere protagonisti della storia ripetendo ciò che diceva sant'Alberto Hurtado: "Cosa farebbe Cristo al mio posto?" E ha affermato: "Quanto ha bisogno la Chiesa e la Chiesa cilena di voi".

    News più lette