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    Il dialogo interreligioso nei 10 anni di pontificato di Francesco. Il commento del prof. Adriano Fabris

    di Adriano Fabris*

    Nei dieci anni del pontificato di Papa Francesco la questione del dialogo interreligioso è stata al centro dell’interesse, dell’attività, dei segni che questo Pontefice ha concretamente manifestato. Non si è trattato solo di pensare alle condizioni di fondo per cui un dialogo è possibile e va promosso, ma soprattutto di far vedere in che modo praticarlo. Anche di ciò Papa Francesco è stato testimone e modello.
    La prima cosa da mettere in evidenza è l’idea che il Santo Padre ha del dialogo. È un’idea che muove dalla profonda consapevolezza della fratellanza di tutti gli esseri umani. Già nella Dichiarazione di Abu Dhabi firmata da Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, veniva detto esplicitamente che Dio ha chiamato tutti gli esseri umani «a convivere come fratelli fra di loro». È dunque la comune creaturalità a giustificare la fratellanza. Ed è questa fratellanza a motivare al dialogo invece che allo scontro, alla costruzione della pace, invece che al conflitto.
    Il testo in cui il Papa parla di dialogo interreligioso nella maniera più profonda e chiara è il capitolo ottavo – intitolato «Le religioni al servizio della fraternità nel mondo» – dell’enciclica Fratelli tutti. In esso viene detto che le religioni sono chiamate a offrire «un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società» in quanto partono «dal riconoscimento del valore di ogni persona umana». Perciò la loro presenza è essenziale al fine di promuovere «la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio». Si tratta di un compito a cui la comunità cattolica non può sottrarsi, se vuole comprendere e mettere all’opera «la bellezza dell’invito all’amore universale» che proviene dai Vangeli. Come si vede, l’incontro fra le religioni è qualcosa che si compie nella pratica, piuttosto che privilegiando i dibattiti teorici. Il dialogo si realizza soprattutto nei rapporti fra le persone, in un fare comune, piuttosto che nelle trattazioni volte a confrontare assunti dogmatici. Solo attraverso tali rapporti concreti un dialogo è in grado di dare frutti.
    Dicevo all’inizio che di questa pratica dialogica Papa Francesco è stato testimone e modello. Lo è stato ad esempio con i suoi viaggi. Ne cito due, che chiamano in causa il legame con i fratelli dell’Islam.
    Al primo ho già accennato. Si tratta del viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti che ha condotto, il 4 febbraio 2019, alla firma del Documento di Abu Dhabi «Sulla fratellanza umana e per la convivenza e la pace comune». Il secondo viaggio ha portato il Santo Padre in Barhain, dal 3 al 6 novembre 2022, dove ha preso la parola al «Bahrain Forum for Dialogue: East and West for Human Coexistence».
    Entrambi i viaggi sono emblematici. Non solo perché sono esempi del fatto che l’impegno religioso porta «alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà». Lo sono perché sono segni di un cammino: del fatto che il dialogo è un cammino, nel quale si accompagna i fratelli e ci si fa accompagnare da loro. Anche questo ci ha insegnato, nei dieci anni del suo pontificato, Papa Francesco.
    *Direttore dell’Istituto «Religioni e teologia» (ReTe) presso la Facoltà di teologia di Lugano

    *Direttore dell’Istituto «Religioni e teologia» (ReTe) presso la Facoltà di teologia di Lugano

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