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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 dicembre 2025)
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  • Foto Linda Fornara Bertona

    La testimonianza di Domenico Quirico al Centro Cittadella

    di Corinne Zaugg

    Uno sciopero dei treni e la minaccia della neve hanno impedito al giornalista e inviato di guerra Domenico Quirico di raggiungere Lugano giovedì scorso per la serata organizzata dall’Associazione Cittadella sul tema “Frontiere: città e migrazione oggi”, che lo vedeva protagonista insieme a Michela Trisconi, delegata cantonale all’integrazione e a Furio Bednarez, esperto di ricerca e sviluppo. Pertanto la serata lo ha visto interagire da remoto, con la sala e gli altri relatori.

    Un argomento quello delle frontiere molto sentito. Sia da chi vi si sente all’interno, e da loro protette, sia da chi a suo tempo le ha valicate e anche, per non dire soprattutto, da chi cerca ogni giorno e in tutti i modi, di attraversarle. Addirittura scavalcandole come se non esistessero. E’ questo il caso dei migranti, che spesso nel corso dei loro viaggi “della speranza”, ma forse sarebbe meglio definirli “della disperazione”, le valicano senza coscienza e conoscenza, di fatto disconoscendole. Ma le frontiere non sono solo valichi fisici che interrompono la continuità di un territorio. Di frontiere ve ne sono tantissime anche solo all’interno di una città, come ha fatto notare Filippo Bignami, ricercatore SUPSI e coordinatore della serata. Frontiere invisibili rappresentate da lingue, culture, estrazioni sociali, ecc. Anche a  Lugano ve ne sono. Bignami ne ha individuato alcune, invisibili agli occhi ma ben presenti sul terreno: quello dei frontalieri, dei raider, degli ucraini, per esempio. Mondi a sé che raramente interagiscono tra di loro e con il resto del tessuto cittadino.

    Domenico Quirico,  che nel corso del suo lavoro ha conosciuto anche l’esperienza del rapimento e della prigionia, nel 2011 si fece migrante con i migranti, attraversando il Mediterraneo su un barcone -poi naufragato- con altri 112 compagni di viaggio. Un’ esperienza che lo ha segnato, professionalmente e umanamente e che oggi ce lo consegna come uomo e professionista intransigente soprattutto a questo proposito. La migrazione accompagna la storia dell’uomo da sempre. Non è un tema dell’oggi. Ma ancora non abbiamo imparato né a gestirlo né ad affrontarlo. Se non innalzando muri sempre più sofisticati per separare, escludere, scoraggiare. Coloro che partono dai loro Paesi portano con loro la loro volontà di cambiare, il coraggio di osare. Ma noi, dice Quirico, non sappiamo cosa farcene, a meno che i nuovi arrivati presentino profili lavorativi e competenze tali da poterli inserire nel nostro sistema economico.

    Michela Trisconi ha poi declinato lo stesso tema a partire da come viene affrontato in Ticino e in Svizzera. E lo ha fatto con grande delicatezza e umanità. Raccontando gli sforzi che vengono fatti a livello istituzionale per cercare che le frontiere invisibili di cui parlavamo prima non abbiamo a formarsi, proponendo progetti e aiuti affinché le diverse comunità, gettate qui dalle alterne sorti delle politiche mondiali,  vivano sul nostro territorio senza innalzare né muri né steccati, ma possiblimente mettendo in comune conoscenze ed esperienze.  In tutto questo processo, le religioni assumono un ruolo importante che può aiutare e favorire l’integrazione.

    Furio Bednarez ha, dal canto suo, sottolineato come se le migrazioni non sono nulla di nuovo per l’umanità, nuovi sono i modi in cui la popolazione si ricompone all’interno del globo terrestre.  Nel futuro si immagina una società che sempre di più si incontra, si unisce, dando vita ad un nuovo meticciato cosmpolita.

    Con questa serata, ha spiegato don Italo Molinaro, parroco della Basilica del Sacro Cuore di Lugano e moderatore dell’incontro, ha preso il via per il marchio “Cittadella” -che per decenni ha rappresentato il punto di riferimento del panorama culturale luganese-  una nuova stagione. Una stagione che vuole mettere al centro le relazioni tra le persone, offrendo loro un luogo dove incontrarsi per ascoltare, parlare e confrontarsi, in un contesto di fraterna convivialità.

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