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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 dicembre 2025)
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  • "Nei giovani la speranza è fragile: bisogna ascoltarli e valorizzarli"

    di Cristina Uguccioni

    Dal 1° luglio 2024 l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha un nuovo rettore. Per la prima volta dal 1921 (anno di fondazione dell’Ateneo), è una donna: la professoressa Elena Beccalli, che dal 2014 al 2024 è stata preside della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative ed è ordinario di Economia degli intermediari finanziari nella stessa Facoltà. Con lei dialoghiamo di nuove generazioni, progetti, saperi, responsabilità.

    Se dovesse indicare attese, fragilità e qualità delle nuove generazioni quali segnalerebbe come più rilevanti e meritevoli di attenzione da parte degli adulti?

    «Due gli aspetti, tra loro opposti, che risaltano. Da un lato, soprattutto dopo la pandemia, emergono fragilità e individualismo, determinati da precarietà e incertezza, che portano a un crescente e allarmante disagio giovanile. Dall’altro, si coglie un chiaro desiderio nei giovani di assumere un ruolo attivo, di non subire passivamente decisioni prese da altri, in special modo in relazione alle prospettive lavorative. Il compito degli adulti – e in particolare di noi docenti – è ascoltare i giovani, intercettandone le necessità, promuovendo una cultura del benessere e accompagnandoli nella crescita integrale e nello sviluppo di pensiero critico. Tutto questo trova conferma in un sondaggio realizzato nel Rapporto Giovani 2025 (a cura dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori), che delinea un interessante quadro, particolarmente eloquente circa le attese delle nuove generazioni. Secondo l’indagine, la speranza tra i giovani non è ampiamente diffusa e appare sempre più fragile. Eppure, il loro desiderio di sperare rimane forte. Credo che la qualità più grande che esprimono sia proprio la perseveranza nell’impegno di creare un futuro migliore. In questo contesto, il ruolo delle università è cruciale. In particolare, l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha il dovere di offrire opportunità reali affinché tale desiderio si concretizzi. Lo facciamo affidandoci all’educazione e alla sua forza trasformativa».

    Per vivere alla luce del Vangelo l’incarico di rettore quali peculiarità e doti bisogna soprattutto cercare di testimoniare?

    «Credo sia essenziale custodire e testimoniare alcuni tratti essenziali: l’ascolto, la fiducia, il discernimento e il coraggio di valorizzare i talenti altrui, soprattutto quelli dei giovani, aiutandoli a superare le loro fatiche. La parabola evangelica dei talenti ci ricorda che ciascuno riceve doni in misura diversa, ma a tutti è chiesto di metterli a frutto, non per dovere ma con responsabilità e fiducia. Il mio compito, come rettore e docente, è accompagnare studentesse e studenti a scoprire i loro talenti, a non sotterrarli, a non averne timore, ma – anzi – a investirli nella costruzione di sé e del bene comune. Mi accompagna infine l’aspirazione a rendere il nostro Ateneo la migliore università per il mondo».

    In questo senso, dunque, come delinea la missione dell’Università Cattolica?

    «La nostra Università è per sua vocazione un Ateneo “universale”, dove il dialogo e il confronto devono essere aperti, liberi, interdisciplinari. Il mio intento è fare in modo che il nostro Ateneo possa far ascoltare la propria voce nelle diverse sedi, diventando un bacino naturale a cui possano attingere la società civile, le istituzioni, il mondo del lavoro e, non da ultimo, la Chiesa. In altri termini, un’università che sia al servizio del bene comune. La nostra missione è quella di educare le giovani generazioni a sapersi continuamente interrogare sulle questioni radicali, insegnando loro a formulare domande di senso che guardino al futuro (rendendo concreto quel desiderio che prima sottolineavo) e stimolandoli a confrontarsi con i paradigmi dominanti per proporre una visione nuova. È questo l’impegno quotidiano di tutta la comunità universitaria, chiamata a proporre adeguati modelli di pensiero secondo le specificità di ogni disciplina».

    Sul piano operativo, considerando l’attuale contesto sociale e culturale e «le nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro» che si accompagnano «a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale» (Leone XIV), quali progetti ritiene necessario e prioritario realizzare?

    «Nel discorso rettorale della mia prima inaugurazione dell’anno accademico, ho proposto un “Patto educativo per l’intelligenza artificiale”. Il presupposto del Patto è che l’educazione può trarre benefici dalle nuove tecnologie quando queste fungono da mediatori senza che diventino un fine in sé. In tal senso, credo siano due le principali questioni aperte: la prima riguarda i metodi didattici. La sfida più impegnativa e impellente è capire come l’intelligenza artificiale possa contribuire a perfezionare i metodi di insegnamento tradizionali, individualizzando l’approccio pedagogico per renderlo più adeguato al contesto senza, però, snaturare la conformazione epistemologica di istituzioni accademiche come la nostra».

    Qual è la seconda questione?

    «Essa tocca la ricerca sulla stessa intelligenza artificiale. È necessario un approccio integrato e interdisciplinare che coniughi la conoscenza degli aspetti tecnici con la complessità dei processi e dei contesti antropologici, cognitivi e sociali. Da questo punto di vista, l’Università Cattolica, con le sue 12 Facoltà, è il luogo ideale per far dialogare le varie discipline con l’intelligenza artificiale. Vanno in questa direzione le molteplici iniziative promosse in questo ambito dall’Ateneo, tra i primi a realizzare corsi sull’IA per le matricole e ad avviare un nuovo indirizzo di laurea triennale in “Filosofia dell’era digitale e dell’intelligenza artificiale”».

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