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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (11 dicembre 2025)
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  • Mons. Rolando Álvarez arrestato e tenuto in carcere per molti mesi in Nicaragua e ora rilasciato ed espulso dal Paese

    Nicaragua. Una voce troppo scomoda: la Chiesa silenziata e perseguitata

    di Silvia Guggiari 

    È stato liberato sabato scorso monsignor Rolando Álvarez, imprigionato per 528 giorni, di cui 339 in una cella di massima sicurezza del carcere di La Modelo di Managua in Nicaragua. Il vescovo di Metagalpa è uno dei 19 detenuti «ecclesiastici» liberato, espulsi e arrivati a Roma nella notte tra sabato 13 e domenica 14 dove sono stati accolti dalla Santa Sede. Anche il Papa nell’Angelus dell’inizio dell’anno, ricordando la situazione di vescovi e sacerdoti «privati della libertà» nel Paese centramericano, aveva assicurato la sua «vicinanza nella preghiera», invitando il popolo di Dio a pregare per il Nicaragua. Ma quello che si legge in queste settimane sui media alle nostre latitudini è solo l’apice di una situazione complessa cominciata con la crisi del 2018, quando si scatenarono delle rivolte popolari a seguito delle riforme legislative, legate alle pensioni ma non solo. In questa occasione la Chiesa cattolica, insieme ad altre istituzioni, aveva chiesto il rispetto dei diritti umani e la libertà di opinione. Da quel momento si era diffuso un clima progressivamente sempre più autoritario con un controllo sempre maggiore da parte del governo su qualsiasi tipo di organismo della società civile. Negli ultimi due anni, il governo nicaraguense ha sciolto oltre di 3.500 organizzazioni non governative e martedì scorso, 16 gennaio ha cancellato lo status giuridico di sedici Ong, dieci delle quali cattoliche o evangeliche. In questo clima di oppressione, alcuni vescovi e diversi religiosi hanno preso posizione riaffermando l’importanza dei diritti umani; in risposta il governo ha attuato varie forme di repressione, pressione psicologica, persecuzione fino alle incarcerazioni.

    A livello economico, la situazione del Paese è molto precaria; c’è una fortissima migrazione verso l’estero e in particolare verso gli Stati Uniti, ma anche verso il vicino Costa Rica. Molte regioni rurali si stanno svuotando in maniera massiccia: chi può parte perché le prospettive locali sono veramente limitate, in particolare per i giovani.

    Il Paese latino americano versa dunque in una situazione di grande incertezza politica e sociale e di repressione contro la Chiesa, come ci conferma Lucia Wicki-Rensch, responsabile di «Aiuto alla Chiesa che Soffre» per la Svizzera Italiana:

    «Il Nicaragua continua ad essere scosso dalla crisi scoppiata oltre sei anni fa e oggi la situazione è molto critica. Nel 2023, vi erano in totale 46 ecclesiastici incarcerati, tra i quali due vescovi e quattro seminaristi, mentre altri, tra i quali delle suore, come le Missionarie della carità, sono stati espulsi dal Paese o è stato loro negato il rientro dopo un soggiorno all’estero. Molti dei preti arrestati sono stati liberati o mandati in esilio, ma una retata di dimensioni più vaste nelle ultime due settimane di dicembre, aveva portato all’arresto di almeno 19 ecclesiastici, tra i quali il vescovo di Siuna, monsignor Isidoro del Carmen Mora Ortega. Sabato scorso è giunta la notizia del loro rilascio, ma la situazione continua a destare preoccupazione».

    Nel Paese, infatti, la persecuzione nei confronti di preti, vescovi, religiose e religiose è sempre più brutale: un paradosso in una nazione a gran maggioranza cattolica e governata da un presidente che si dichiara credente e praticante. Come in tutti i Paesi del Centro e Sud America c’è una grande diffusione delle Chiese evangeliche, ma la religione cattolica riamane la principale e i vescovi continuano ad essere figure rispettate dalla popolazione: un aspetto che spaventa il presidente Daniel Ortega. «Il Nicaragua è in cima alla lista dei regimi autoritari, – spiega la sig.ra Wicki-Rensch – che incarcerano sacerdoti e religiosi per punire la Chiesa per essersi espressa contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani o semplicemente per aver cercato di operare liberamente».

    Malgrado la triste e difficile situazione, conclude la sig. ra Wicki-Rensch, «sono sicura che i cattolici del Nicaragua continueranno a mantenere una forte devozione e che noi, come Opera caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN), li sosteniamo e continueremo a farlo».

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