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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (12 dicembre 2025)
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  • Vetrata dedicata a San Giuseppe COMMENTO

    Perché Dio ha scelto Giuseppe?

    “Perché Dio ha scelto Giuseppe? Perché Giuseppe era un uomo giusto, pio. Ma anche perché Giuseppe era un uomo pratico. D’altronde, ci voleva un uomo pratico per organizzare la fuga in Egitto, ma anche per organizzare il viaggio a Betlemme per il censimento, e per provvedere a tutte le necessità pratiche di Gesù”: sono parole di Papa Benedetto XVI quando, già da emerito, rifletteva sulla figura del padre terreno di Gesù. Nei Vangeli non si sentono mai parole di San Giuseppe ma si vedono le sue azioni. Azioni che sono conseguenza di una riflessione. Giuseppe è una figura speciale anche per i docenti e i catechisti: in lui si ritrovano alcuni tratti fondamentali del rapporto educativo. Merita fiducia, Giuseppe. È anche in grado di ripagare questa fiducia con la rettitudine delle scelte, con la capacità di dialogo e di introspezione. Non è infatti impulsivo: prima di ripudiare Maria, rimasta incinta per opera dello Spirito Santo, medita tra sé (Mt 1,19-20) cosa fosse opportuno fare. Che bell’esempio di riflessione, così importante per un educatore. Agire di istinto immediatamente è tutt’altro che un’espressione di forza e di grandezza. Nel processo educativo darsi il tempo e riflettere sulle scelte da prendere è fondamentale. Sempre guardando a Giuseppe scopriamo altri tratti fondamentali. L’ascolto. Davanti ad una sfida così importante come la paternità terrena del Salvatore, Giuseppe da subito si rende conto che... da solo non ce l’avrebbe fatta. La missione, per diventare da impossibile a possibile, ha bisogno di un aiuto superiore. L’educatore ha molto da imparare anche su questo: non possiede la verità assoluta, ma ne è al servizio. Non ha tutte le soluzioni, non conosce tutti i processi. Deve ascoltare. C’è poi un equilibrio nel discernimento, come ricorda Papa Francesco (ha iniziato il suo Pontificato il 19 marzo 2013, solennità del padre putativo di Gesù): "nei Vangeli, San Giuseppe appare come un uomo forte e coraggioso, laborioso, ma nella sua anima si percepisce una grande tenerezza, che non è la virtù dei deboli, ma piuttosto il contrario". Quante volte l’impulsività si mette al comando del treno delle azioni educative. Nell’epoca della superficialità, in cui sembra che leggendo solo il titolo di un libro già sappiamo il contenuto, Giuseppe ci richiama al bisogno di approfondire. Comprendere. Ed essere illuminati. Lui, Giuseppe, non si scoraggia. Le sfide che aveva dinanzi a sé erano grandi, forti. Però c’è un elemento davvero unico, profondamente educativo e sempre innovativo. Giuseppe era un attento. Un impegnato. Un attivo. Però... quello che colpisce è che il suo essere “uomo che fa”, non era per se stesso. Era un “fare” per gli altri. Non per propri interessi, per apparire l’uno o l’altro, per ingraziarsi lo sguardo di qualcuno. Giuseppe è “l’impegnato per l’altro”, l’attento per colui che gli è stato affidato. Lui non è il padre che ha generato, ma che ha ricevuto in affidamento. Lui, Giuseppe, è il prototipo dell’educatore. Ogni educatore può dirsi tale se prende sul serio l’impegno a essere chi coglie l’affidamento di un bimbo che deve diventare grande.

    don Emanuele di Marco, direttore ad interim dell’Uirs (testo tratto dalla newsletter dell’UIRS)

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