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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (12 dicembre 2025)
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  • Gaza COMMENTO

    Quei piani di un "nuovo Medio Oriente" senza popolo palestinese

    di Andrea Tornielli / Vatican News

    Il conflitto israelo-palestinese è da sempre fonte di discussioni e polarizzazioni. Il conflitto in corso a Gaza e le polemiche che lo accompagnano hanno reso questo fenomeno ancora più estremo, se mai fosse possibile. Polarizzazioni accese, a volte anche estreme, stanno attraversando buona parte della società civile in moltissimi paesi del mondo. Come sempre, non mancano le strumentalizzazioni, le semplificazioni e le approssimazioni che, in questo contesto così complesso, rischiano di fuorviare e fare del male. Troviamo questo fenomeno nel linguaggio usato, nell’approccio estremamente emozionale, nell’incapacità di cercare di ascoltare l’altro.

    All’orrore di quanto accaduto ormai due anni fa, l’attacco compiuto da Hamas che resta un atto terroristico disumano da condannare senza alcuna riserva, è seguita la prevedibile reazione israeliana. Una reazione sproporzionata, che è andata ben oltre ogni limite eticamente accettabile, come riconoscono non soltanto numerosissime autorità internazionali ma anche tante voci interne allo stesso Israele e più in generale al mondo ebraico.

    Se si analizza la guerra scatenata a Gaza tenendo conto di ciò che sta avvenendo nel resto della Palestina, in quella che un tempo era chiamata Cisgiordania, non possiamo non pensare che, oltre alla reazione al massacro del 7 ottobre, vi siano anche altri obiettivi. L’espandersi degli insediamenti, le aggressioni continue e impunite dei coloni, le pubbliche affermazioni di alcuni ministri del governo israeliano che auspicano la fine dell’autorità Palestinese, l’annessione di tutti i territori e la deportazione dei palestinesi, inducono infatti a pensare che l’obiettivo vada ben oltre l’eliminazione di Hamas, o la garanzia di sicurezza per lo Stato di Israele. È cronaca di questi giorni l’approvazione di un nuovo insediamento nella zona E1 che praticamente spacca in due quel territorio, come pure la minaccia di annessione dell’Area C dei Territori Palestinesi, che peraltro è già sotto il pieno controllo di Israele senza essere mai stata formalmente annessa.

    In questo contesto sempre più teso, si pubblicano uno dopo l’altro, prima sommessamente e ora sempre più apertamente, “piani” per un “nuovo Medio Oriente”, una sorta di nuovo ordine, nel quale, tuttavia, non sembra esserci posto per il popolo palestinese. Ultimo fra questi, è il piano proposto per lo sviluppo futuro di Gaza di cui si parla in questi giorni. Un piano che prevede costruzioni di città “smart” e resort di lusso. Naturalmente è prevista quella che viene significativamente definita “l’evacuazione volontaria” dei palestinesi. I quali, se lo vorranno, un giorno potranno tornare (sic!). E per chi non vuole partire, si progettano “zone speciali”… È un piano che si commenta da solo. Avremmo potuto pensare che si trattasse di un racconto di fantascienza, della trama di un film fantasy. Invece è, a quanto pare, tristemente vero.

    È triste constatare la debolezza della comunità internazionale e degli organismi multilaterali, incapaci di fermare questa deriva, a cui si aggiunge l’ignorare volontariamente qualsiasi convenzione internazionale, il rispetto di regole e di comportamenti morali. Unico linguaggio resta quello della forza, nelle parole prima ancora che nell’azione militare.

    La Chiesa non ha armi e non ha il potere per imporre alcunché. La sua unica arma è la preghiera e la forza del Vangelo, che ci costringe però a dire una parola chiara di verità sull’uomo e sulla vita del mondo. Non si può costruire alcun futuro basato sulla forza, sulla mancanza di rispetto per la vita dell’uomo, sulla sua aspirazione ad una esistenza dignitosa e sicura.

    Lo desideriamo – e lo ribadiamo con convinzione – per gli israeliani, continuando a chiedere la liberazione immediata di tutti gli ostaggi ancora intrappolati nei cunicoli di Gaza, come hanno fatto nei loro appelli prima Papa Francesco e poi Papa Leone. Lo desideriamo ugualmente per i palestinesi. Chiediamo che gli ostaggi siano trattati in modo degno e umano, e al contempo che in modo degno e umano siano trattati i palestinesi di Gaza. Auspichiamo che vengano stabilite in ogni parte della Striscia delle no combat zone, vere zone franche sotto la protezione internazionale, dove possano essere accolti gli ammalati, i fragili, i civili inermi.

    “Evacuazioni volontarie”, cioè spostamenti forzati; distruzione totale; morti senza fine; ospedali colpiti; quotidiane uccisioni di chi è in fila per un tozzo di pane; il blocco di ogni prospettiva politica chiara per dare al popolo palestinese una dignità e una casa nella propria terra, non potranno mai costruire il futuro equilibrio nel Medio Oriente.

    Quanto sta accadendo è, purtroppo, destinato a creare la prossima generazione di odiatori e rischia di essere l’ennesima anticamera dell’ennesima futura ondata di violenza.

    Certe proposte di sviluppo, che impongano ai palestinesi un futuro deciso per loro e forse anche su di loro, o peggio contro di loro, non sono che un’ulteriore prova di arroganza e cecità. Il futuro dei palestinesi potrà e dovrà essere deciso soltanto insieme a loro, mai senza di loro.

    La Chiesa, come già sta facendo, continuerà a piegarsi sulle ferite di tutti. Continuerà a tendere la mano verso chiunque voglia collaborare a creare contesti alternativi di vita e di dignità. Avrà sempre le porte aperte verso chi non si arrende alla logica dell’odio e della guerra, ma cerca vie percorribili per arrivare alla pace. Già da diversi anni la Santa Sede ha formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina e non possiamo rimanere in silenzio di fronte a ciò che sta accadendo. Facciamo nostre ancora una volta le parole di Leone XIV, chiedendo che si fermi la barbarie della guerra, si raggiunga una soluzione pacifica del conflitto, sia osservato il diritto umanitario, si rispetti l’obbligo di tutelare la popolazione civile, siano vietate la punizione collettiva, l’uso indiscriminato della forza e lo spostamento forzato della popolazione.

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