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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (14 dicembre 2025)
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  • "Eccomi, manda me"... Perché? Riflessioni al termine del mese missionario

    di Ernesto Borghi (Coordinatore della Formazione Biblica nella Diocesi di Lugano)

    Nel corso di questo mese di ottobre 2020, si è riflettuto, nel contesto della Chiesa cattolica, a partire da quella affermazione, presente nel libro biblico di Isaia (cfr. 6,8) e oggettivamente di grande impatto: Eccomi, manda me! in cui nello stesso tempo disponibilità personale e invito appassionato al Signore Dio sono assai espressivi. Le diverse brevi testimonianze video, proposte da catt.ch a partire da questo versetto profetico, hanno delineato un panorama vario e articolato in proposito.

    Possiamo, a questo punto, farci una domanda: perché il Signore Dio dovrebbe mandare me? In altre parole: ci sono motivi seri per i quali qualcuno possa pensare che basti una sua disponibilità perché il Divino accolga la sua persona tra i suoi inviati per realizzare bellezza e bontà nel mondo? Dico questo perché, anche nella nostra epoca, non sono rari gli esempi di persone che pensano di essere chiamate a svolgere ruoli e ministeri, nella Chiesa e nella società, in nome di motivazioni che si manifestano poi come variamente inconsistenti, con conseguenze spesso molto dannose per sé e per altri.

    I dati di fatto sono dinanzi agli occhi di tutti. Tra storia, fede e testimonianza, a “chiamate” del Dio del Sinai e di Gesù Cristo hanno risposto le figure mitiche dei patriarchi ebraici e di Mosè, le figure profetiche primo-testamentarie, Maria di Nazareth, gli apostoli scelti dal Gesù evangelico, altre figure maschili (anzitutto l’ineguagliabile Paolo di Tarso) o femminili (un esempio: Lidia). In linea con questa prospettiva e, nel corso dei secoli, migliaia e migliaia di donne e di uomini hanno vissuto, a loro volta, questa condizione assai coinvolgente per la quotidianità loro e altrui. Certamente tra luci e ombre, tra inadeguatezze e momenti esaltanti, le loro vite sono state orientate da una scelta, partita da una “chiamata” da loro percepita e a cui queste donne e questi uomini hanno dato una risposta positiva.

    A noi, cittadine e cittadini del XXI secolo, in particolare se cerchiamo di essere credenti credibili nel Dio di Gesù Cristo, può essere posto un interrogativo importante: a che cosa ci sentiamo chiamate e chiamati nella vita? Non è una domanda che riguardi soltanto chi è all’inizio dell’esistenza, ma può essere posta a ciascuno, anche a chi ha superato da tempo i novant’anni… Le responsabilità che ognuno di noi si è assunto verso se stesso e verso gli altri, di cui variamente ha seguito e segue la vita, possono essere gestite in molti modi, ma, in definitiva, vi è una sola alternativa in proposito: pensare che noi siamo al centro di tutto o di quasi tutto e gli altri vengano costantemente al secondo posto oppure trovare un equilibrio nel quale lo sviluppo personale e quello altrui siano contestuali. La prima modalità è più semplice, ma è quella del bambino (e purtroppo vi sono non pochi che, ancora a trenta, quaranta o cinquant’anni e più vivono prevalentemente così…); la seconda è più ardua, ma è certamente quella che, se interpretata tenendo ben interconnessi cuore e cervello, fa diventare persone adulte.

    Oggi più che mai rispondere alla chiamata del Dio del Sinai e di Gesù Cristo vuol dire, mi sembra, interpretare con intelligenza e libertà questa seconda via e questo sia decisivo per la qualità della vita propria e altrui. Dare ascolto profondo ed effettivo alla Parola di Dio contenuta nelle Scritture bibliche è un motore formidabile per organizzare tutte le opportunità possibili di incontro con gli altri, anche tramite modalità che non sono sempre quelle dell’incontro in presenza, in cui porre al centro dell’attenzione come approfondire la ricerca del bene comune.

    Dalle occasioni ecclesiali tout court a tutte le circostanze in cui incontrarsi anche con persone di altra ispirazione culturale o religiosa, chi cerca di essere cristiano, risponde alla missione inerente al battesimo che ha ricevuto, se è sempre più capace di essere o ad una fede che si costruisca attraverso gesti concreti di amore fraterno. Solo a queste condizioni ha senso dire, ancora oggi, Eccomi, manda me! O mi sbaglio?

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