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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (14 dicembre 2025)
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  • Erbil festeggia tre nuovi sacerdoti, testimoni di Cristo fra i rifugiati

    Erbil - A due anni dalla cacciata di migliaia di famiglie cristiane da Qaraqosh, centro della piana di Ninive nel nord dell’Iraq, tre giovani originari della città hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale in un campo profughi di Erbil, nel Kurdistan irakeno. La cerimonia è avvenuta nei giorni scorsi ed è stata fonte di gioia e speranza per i cristiani perseguitati, vittime di violenze ed emarginazione.

    Almeno 1.500 persone - nonostante i posti fossero poco più di 800 - hanno gremito ogni angolo della chiesa, per condividere la giornata di festa della comunità siro-cattolica e dei suoi tre nuovi preti: p. Roni Salim Momika, p. Emad e p. Petros.

    “Abbiamo abbandonato Qaraqosh due anni fa, proprio in questo periodo” racconta p. Momika in un’intervista a Catholic News Agency (Cns). Egli non nasconde le sfide, le difficoltà e la molte tristezze subite dalla comunità cristiana in questo periodo così travagliato della propria storia.

    L’ordinazione dei tre neo-sacerdoti della Chiesa siro-cattolica è avvenuta il 5 agosto scorso in una chiesa realizzata all’interno di un prefabbricato, situato nel campo profughi Aishty 2, alla periferia di Erbil. Esso ospita circa 5.500 persone fuggite nell’estate del 2014 dalla piana di Ninive, a seguito dell’avanzata delle milizie dello Stato islamico (SI).

    A presiedere il rito era l’arcivescovo Yohanno Petros Moshe, capo della Chiesa siro-ortodossa di Mosul, Kirkuk e del Kurdistan irakeno.

    Prima dell’ascesa dei jihadisti, Qaraqosh era il più importante centro cristiano del Paese; al suo interno e nelle cittadine circostanti sparse nella piana di Ninive viveva circa un quarto dell’intera popolazione cristiana dell’Iraq.

    “Finora questo giorno era legato a brutti ricordi, perché [nella notte fra il 5 e il 6 agosto 2014] siamo diventati a tutti gli effetti dei rifugiati e lo SI ha fatto il suo ingresso a Qaraqosh”. Oggi, però, “la nostra ordinazione” ha trasformato una giornata di lutto e “dato nuova speranza a tutto il nostro popolo”.

    Negli ultimi due anni p. Momika ha lavorato accanto a giovani e donne del campo profughi, dove spera di poter continuare anche in futuro - da sacerdote - la propria missione. Egli vuole “stare accanto ai rifugiati”, condividerne le gioie, le sofferenze e le difficoltà. Il suo ruolo, spiega, è quello di “dare Cristo alla gente” e infondere “forza, fiducia e coraggio”.

    In passato lo stesso p. Momika, insieme alla sorella, era stato vittima di un attentato. Nel 2010 una bomba  esplosa durante il passaggio di un bus che trasportava il futuro sacerdote e altri giovani cristiani, tutti studenti universitari, dalla piana di Ninive all’università di Mosul.

    Dalla chiusura forzata del seminario di Qaraqosh all’indomani dell’attacco jihadista, egli si è trasferito al seminario di Al-Sharfa, in Libano, dove ha potuto concludere i suoi studi. Egli è quindi rientrato in Iraq per l’ordinazione diaconale, il 19 marzo scorso.

    (AsiaNews)

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