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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
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  • Il Sinodo

    La conferenza episcopale messicana torna sul problema dei migranti

    Giovani, protezione dei minori, formazione del clero, migranti: sono i quattro temi affrontati dalla Conferenza episcopale messicana nel messaggio al popolo di Dio diffuso durante l’assemblea plenaria svoltasi nei giorni scorsi a Cuautitlán Izcalli, comune pochi chilometri a nord della capitale.

    «Facciamo nostre le angosce del paese che continua a soffrire violenza, insicurezza, povertà, iniquità, incertezza politica, degrado ambientale e disuguaglianza sociale. Allo stesso tempo — scrivono i presuli — ci incoraggia la speranza di un cambiamento integrale basato sulla fede, sulla famiglia e su un’educazione con valori umani e cristiani». Nel documento si ricorda il Progetto globale di pastorale 2031-2033 (le due date segnano rispettivamente il cinquecentesimo anniversario dell’apparizione della Vergine di Guadalupe e il bimillenario del mistero della Redenzione), presentato un anno fa e caratterizzato da sei opzioni legate a una Chiesa che difende la dignità umana, impegnata per la pace e le cause sociali, una Chiesa missionaria ed evangelizzatrice, che prova compassione ed è testimone della redenzione, una Chiesa infine che «condivide con gli adolescenti e i giovani il compito di costruire un paese ricco di speranza, gioia e vita piena».

    E proprio dai giovani parte il nuovo messaggio al popolo di Dio: «Gesù è l’eterno giovane e fonte di gioventù permanente. È il meglio che abbiamo da offrire ai giovani che soffrono la solitudine, la mancanza di opportunità, l’abbandono, l’incomprensione, e che per questo spesso cercano false porte di uscita come il suicidio, le droghe, l’alcol, e cadono facilmente preda di gruppi criminali. Vogliamo offrire loro il nostro accompagnamento e fornire gli spazi necessari in modo che siano i protagonisti del ringiovanimento della società e della Chiesa».

    Tema strettamente connesso è quello della protezione dei minori: «Gesù si è fatto bambino e ha condannato energicamente qualsiasi abuso contro le bambine e i bambini. Consapevoli dei torti commessi contro di loro in vari ambienti familiari e sociali, da parte nostra abbiamo chiesto e continueremo a chiedere perdono. Non togliamo gravità al delitto e abbiamo attuato varie misure per evitare qualsiasi abuso e proteggerli, misure che continueremo ad aggiornare».

    Per quanto riguarda la formazione del clero, l’episcopato messicano ricorda che «Gesù, sommo sacerdote, ha dedicato i suoi migliori anni alla formazione degli apostoli. Apprezziamo e valorizziamo la silenziosa testimonianza di tanti sacerdoti che quotidianamente mettono la propria vita al servizio del popolo di Dio, nonché la dedizione pastorale dei formatori nei seminari. Vogliamo sforzarci di essere padri e fratelli con essi e accompagnarli nella loro formazione iniziale e permanente di fronte alle sfide del cambiamento d’epoca».

    Una delle sfide di oggi è certamente quella delle ondate migratorie: «Gesù visse la dolorosa esperienza dei migranti e ci disse che tutto ciò che facciamo o non facciamo per loro lo facciamo o non lo facciamo per Lui. Il fenomeno migratorio è stato costante e generato da diversi fattori ma oggi, davanti alle carovane massicce e continue di fratelli che fuggono dalla miseria e dall’insicurezza, ribadiamo il nostro atteggiamento di Chiesa samaritana, preoccupata per quanto possibile di alleviare il dolore dei veri migranti e, allo stesso tempo, auspichiamo una politica migratoria senza ambiguità né ingenuità, nel pieno rispetto dei diritti umani».

    Alla luce di queste sfide, i presuli invitano tutti gli uomini e le donne di buona volontà a «condividere il pane della vita con coloro che soffrono, assumendo queste scelte che consideriamo prioritarie affinché, in Cristo nostra pace, il Messico sia espressione visibile dell’amore di Dio padre». Il messaggio si conclude ricordando la figura della beata Concepción Cabrera de Armida, «esempio di donna, moglie, madre e apostolo».

    La drammatica realtà dei fatti — al confine meridionale la città di Tapachula, in Chiapas, sta vivendo una vera e propria crisi umanitaria — ha spinto martedì scorso il presidente della Conferenza episcopale, Rogelio Cabrera López, a diffondere un appello alle autorità di quel distretto federale affinché attuino un adeguato piano di emergenza. «Noi messicani siamo sempre stati gioiosi, solidali, ospitali, tuttavia, visto il flusso di carovane di migranti, alcuni hanno assunto atteggiamenti di rifiuto, indifferenza, xenofobia, discriminazione, razzismo. Come Chiesa, insieme ad altre Chiese e a gruppi della società civile, abbiamo collaborato con le autorità di governo nell’emergenza umanitaria che sta vivendo il nostro paese. Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere — scrive il presule — per essere una Chiesa samaritana e rendere meno gravoso il percorso dei nostri fratelli migranti. Abbiamo chiesto l’intervento della Caritas nazionale per articolare l’aiuto, così come motiviamo le diverse diocesi a generare tra i nostri parrocchiani uno sforzo supplementare di generosità. Siamo preoccupati per la situazione al confine meridionale, in particolare quella che la città di Tapachula vive in Chiapas. L’immenso numero di migranti continentali ed extra-continentali ha superato l’aiuto della Chiesa e l’azione del governo. Le strutture della stazione migratoria Siglo XXI sono sovraffollate, il che non consente di attirare l’attenzione umanitaria, costringendo i migranti a girovagare per la città in cerca di aiuto. Per tutti questi motivi, oggi ci uniamo all’appello del vescovo di Tapachula, Jaime Calderón Calderón, a venire incontro alle migliaia di persone che non mangiano da giorni e dormono in strada: donne, bambini, anziani, malati».

    L'Osservatore Romano, 9-10 maggio 2019.

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