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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (14 dicembre 2025)
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  • La Moschea di Parigi: così è l’islam in Francia

    Venticinque punti sui temi più caldi relativi al rapporto tra l’islam e la Francia repubblicana. Per delineare «non un islam francese, ma l’islam nella Francia di oggi». È un’iniziativa di ampio respiro quella che la Moschea di Parigi lancia alla comunità musulmana di un Paese scosso dai recenti attentati jihadisti ma anche dall’«islamopsicosi», dilagante nella società e nella politica francese. Il testo - pubblicato integralmente dal settimanale Le Point - è firmato dal rettore della moschea Dalil Boubakeur e si propone come una risposta precisa «alla stragrande maggioranza di musulmani francesi» che domandano un testo che delinei con chiarezza «i loro diritti e doveri di fede» nel contesto della società francese.

    Importante la fonte e il momento del pronunciamento: la Grande Moschea di Parigi, nel V arrondissement, è la più grande moschea di Francia (seconda per dimensioni solo a quella di Roma in Europa). Inaugurata nel 1926 «è un’istituzione creata da una legge dello Stato, ed è cosciente delle sue responsabilità in seno alla comunità musulmana francese», recita la premessa del documento, che attacca polemicamente «la tendenza a designare autorità di tutela esterne», che con «paternalismo» vorrebbero regolare l’espressione della fede religiosa musulmana nella società francese. La Moschea di Parigi si dichiara, al contrario, essa stessa preoccupata per la crescita di «un’interpretazione sbagliata dell’islam , basata su una lettura selettiva e parziale dei testi, che porta all’oscurantismo, alla pedanteria ignorante, alla misoginia, al settarismo e al rifiuto dei valori repubblicani». Anche se cita poi le inchieste sociologiche secondo cui i tre quarti dei musulmani in Francia oggi vivrebbero un islam «tranquillo, tollerante, benevolo, repubblicano e laico».

    La dichiarazione vuole comunque essere un’occasione di chiarezza per tutti. «L’islam in Francia non è un nuovo islam, né un’innovazione - recita il primo punto -. L’islam in Francia è semplicemente la chiarificazione del dogma in rapporto alla realtà di oggi. L’islam in Francia è il risultato della reinterpretazione dei testi all’interno di un contesto, vale a dire il risultato dell’ijtihad ». Quest’ultimo riferimento è importante, perché proprio il termine arabo inserisce la discussione sull’interpretazione in un ambito preciso del dibattito tra giuristi islamici.

    L’altro riferimento dottrinale importante è alla Costituzione di Medina, un testo attribuito al profeta Muhammad stesso che disciplinava i rapporti con ebrei e cristiani in quanto popoli del Libro. Da questa fonte il documento della Moschea di Parigi parte per affermare che «ogni forma di antisemitismo è contraria all’insegnamento del Profeta» e per richiamare alla virtù della tolleranza e della benevolenza, perché solo Dio è giudice. Quanto alla guerra viene ricordato il versetto della seconda Sura del Corano sul divieto di dichiarare il jihad se non per legittima difesa contro un aggressore e l’indicazione secondo cui se l’avversario è disposto alla pace il musulmano ha il dovere di cercarla. «I criminali che si pretendono jihadisti - afferma il testo diffuso a Parigi - sono empi usurpatori del jihad e di conseguenza anche empi usurpatori dell’islam, che è una religione di pace» perché «la più nobile forma di jihad è il dominio di sé».

    Al di là della presa di posizione netta sul tema della violenza religiosa, però, la dichiarazione della Moschea di Parigi è interessante soprattutto per altri aspetti legati alla vita di un musulmano in Francia. Intanto offre una serie di criteri ai fedeli: invita a diffidare dai telepredicatori, mette in guardia da «un’osservanza ottusa e ossessiva di regole senza una finalità spirituale», indica l’obbligo di rispettare l’etica della reciprocità («non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi»), spiega che di fronte alle menzogne e ai pregiudizi sull’islam la miglior risposta da parte di un musulmano è «compiere atti di beneficienza».

    Sul rapporto con le istituzioni del Paese si afferma che la Francia non è un Paese islamico, ma una terra di coesistenza tra religioni e anche con i non credenti. In questo contesto i musulmani devono rispettare i valori e le leggi della Repubblica. «Per esempio - si spiega - dal momento che la blasfemia e le caricature religiose sono autorizzate dalla legge francese, è possibile dichiararsi offesi, ma non si può esigere che siano vietate o reagire con la violenza. Più in generale, i musulmani non hanno il diritto di esigere che la Francia modifichi i propri valori e le proprie leggi per convenienza rispetto alla propria fede, così come neanche i cristiani, gli ebrei, gli atei o gli agnostici hanno questo diritto».

    Il testo continua poi mettendo in chiaro che anche per i musulmani in Francia «i castighi corporali e la poligamia non si giustificano più e non hanno più ragion d’essere. Allo stesso modo si impone l’uguaglianza tra uomini e donne». Quanto al corpo e al modo di vestirsi la Moschea di Parigi scrive che la tradizione musulmana parla in linea generale di «abbigliamento pudico e adatto alle circostanze», ma questo non si traduce nell’indicazione di indumenti precisi.

    Interessante anche la parte dedicata al rapporto con la scienza: il testo mette in guardia da ogni oscurantismo, precisando che sul tema dell’origine del mondo non c’è nessuna incompatibilità tra la fede musulmana e teorie come l’evoluzionismo. Nel paragrafo sul Ramadan, infine, si precisa che le sue prescrizioni non cancellano il dovere elementare del rispetto dei vicini: di qui l’invito a non disturbare gli altri, soprattutto di notte.

    (Vatican Insider)

     

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