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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (16 dicembre 2025)
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  • «Ritratto di Alessandro Manzoni» di Francesco Hayez, 1841, conservato nella Pinacoteca di Brera di Milano

    L’amicizia tra Rosmini e Manzoni: un sodalizio spirituale e culturale

    Nato a Rovereto nel 1797, Rosmini arrivò a Milano il 4 marzo 1826, dove poco tempo dopo avrebbe fatto una conoscenza, mediata dall’amico comune Niccolò Tommaseo, che non solo cambiò la sua vita e il suo pensiero: quella con Alessandro Manzoni – di cui in quest’anno si ricorda il 150° della morte. Tra il filosofo e il letterato nacque un’amicizia che avrebbe costituito uno dei fondamenti della cultura italiana moderna. La prima volta che Manzoni accolse Rosmini a casa sua usò il saluto pronunciato il latino: «quanto sono di piacevole aspetto i passi di coloro che annunciano la pace e il bene». Poco dopo, Rosmini lesse la prima edizione dei Promessi sposi in anteprima, esclamando: «che cognizion dell’uman cuore! Che verità!». Non a caso, proprio nel 1828 il filosofo pubblicò un’opera importante sulla provvidenza, tema centrale del romanzo. Nel 1830 Manzoni analizzò e criticò l’opera filosofica principale di Rosmini, il Nuovo saggio sull’origine delle idee appena uscito, non senza esprimergli «l’ammirazione e la gioia che ho provato tenendo dietro a quella analisi così penetrante e così sicura». Egli rimase colpito dall’analisi dei vari “sistemi filosofici” dal punto di vista del «pensiero religioso» di Rosmini – cioè di un pensiero che trova il «fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio» come avrebbe attestato Giovanni Paolo II nella Fides et ratio. Da questo pensiero, continua Manzoni, «vien la forza a tutto; vedendo tanta debolezza e tanta contradizione nei sistemi staccati dalla religione». Così Rosmini divenne il padre spirituale di Manzoni, che non solo lo considerò «una delle sei o sette intelligenze filosofiche che più onorano l’umanità» ma si fece “ascritto” dell’Istituto della Carità, l’ordine fondato da Rosmini. Il letterato, tuttavia, non risparmiò critiche al Nuovo saggio, non solo per il suo linguaggio vetusto, ma anche perché avrebbe considerato troppo poco la dimensione umana e storica nella conoscenza della verità. Così Manzoni spinse l’amico ad un confronto sempre più profondo con le istanze del pensiero illuministico, romantico e idealista (soprattutto Kant ed Hegel), tanto che nella seconda edizione dell’opera si può chiaramente ritrovare l’“effetto manzoniano”. In questa amicizia, personale e vera, ma anche intellettuale, «il Manzoni era al Rosmini il poeta del cuor suo; il Rosmini era al Manzoni il filosofo della sua mente» come testimonia Ruggiero Bonghi che li ha visti dialogare. Per Fogazzaro essi erano il «duplice vertice sublime di unica fiamma» di una nuova cultura italiana per la quale cercarono di trovare una soluzione politica – unitaria la proposta manzoniana, federale quella rosminiana. Entrambi erano però consapevoli che oltre l’unificazione politica ci voleva anche una base culturale per la nuova società italiana dopo che la Rivoluzione francese aveva privato il continente europeo di certezze secolari.
    Rosmini dava espressione alla sua visione di riforma necessaria della Chiesa e della società che dovrebbe precedere una tale unificazione, nelle due opere Le cinque piaghe della Santa Chiesa e La costituzione secondo la giustizia sociale, pubblicate nel 1848 e l’anno successivo messe all’indice dei libri proibiti. Dopo questo fallimento del suo impegno politico che lo portava fino a Roma, si trasferì definitivamente a Stresa dove si trovò vicino Manzoni che fece le sue vacanze estive nella villa della seconda moglie a Lesa mentre i parenti partivano per il mare, ma – come affermò – «se non è mare è almeno lago, e con Rosmini il lago mi diventa mare». Nel 1850 a Stresa Manzoni compose la sua opera Dell’invenzione in cui si mise – in questo momento delicato per Rosmini – pubblicamente dalla parte del suo amico filosofo. L’amicizia che colmò la vita di entrambi e fu provvidenziale per la formazione della cultura moderna italiana, culminò sul letto di morte di Rosmini, dove Manzoni il 1° luglio 1855 ricevette il suo testamento spirituale che sembra indirizzato all’uomo della società dell’ebrezza della comunicazione: «adorare, tacere, godere».

    Markus Krienke, direttore della cattedra Rosmini della Facoltà di teologia di Lugano

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