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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (9 dicembre 2025)
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    Lugano: una veglia in ascolto del dolore eloquente delle vittime di abusi

    di Cristina Vonzun

    Una veglia di preghiera che ha messo al centro le vittime di abusi e ha proposto il tema del “rispetto”, inteso come un camminare insieme per “generare relazioni autentiche”, nella verità e nell’ascolto sincero. Questo è il cuore del momento sobrio, discreto e toccante vissuto martedì 18 novembre da un centinaio di persone con il vescovo Alain nella chiesa del Sacro Cuore a Lugano. Un gesto che si è unito a quello che la stessa sera si svolgeva in tante chiese della vicina Italia, proposto dai vescovi italiani che hanno istituito dal 2021 una giornata a tale scopo, in concomitanza con la giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento sessuale e l’abuso sessuale. A Lugano, l’organizzazione è stata curata dalla parrocchia del Sacro Cuore, in collaborazione con la Diocesi e con il supporto di GAVA, gruppo indipendente di ascolto per le vittime.

    Dopo le letture bibliche tratte dal libro di Daniele e dal Vangelo, attualizzate in brevi commenti dal vescovo Alain, i presenti hanno ascoltato la toccante testimonianza del diacono permanente di Friburgo, Daniel Pittet, venuto a Lugano per l’occasione. La sua storia ha fatto toccare con mano ai partecipanti quel dramma definibile di “morte e risurrezione possibile” che contraddistingue la vita di una persona che ha subito un abuso di questo tipo.

    Una sofferenza sempre presente in chi è abusato

    Nella carne di Daniel Pittet, che venne abusato più volte da un religioso quando aveva dai 9 ai 12 anni, è iscritto tutto questo dolore che – come lui stesso ha raccontato – non si esaurisce in un giorno, ma accompagna tutta la vita, con alti e bassi continui, fino ad oggi. Pittet, sposato, padre di sei figli, operatore pastorale a Friburgo vicino ai fragili, impegnato anche nella prevenzione di questa piaga, si è fatto tatuare la sua fragilità su un braccio. Una fragilità che gli è arrivata addosso come un uragano a causa del suo abusatore e delle sofferenze che gli inflisse in giovanissima età, e che da allora, è sua compagna di vita: negli studi, nelle scelte quotidiane, nella vocazione, negli anni del matrimonio, nella crescita dei figli, fino ad oggi. Un altalenarsi di momenti di crisi a giornate positive. Daniel condivide questo dolore con la famiglia, nell’amicizia della Chiesa e con Cristo. “Quando sono debole è allora che sono forte”, ci ha detto, evocando San Paolo (2 Cor 12,10). La psicologia constata che la sofferenza causata da questi orrori è intensa e segna la carne, la psiche, il cuore, la vita di una persona - indipendentemente da quello che la legge applicata ritiene essere il grado di gravità della materia dell’abuso.

    Il perdono

    La seconda parola di Daniel è stata “perdono”. Lui, infatti, ha concretamente perdonato il suo abusatore.

    “Il perdono libera, il perdono fa rinascere, il perdono ti dà la vita e la pace. Chi è abusato ha due vie davanti a sé: il perdono o l’odio. Perdonare però non è dimenticare, ma liberarsi dalla collera, scegliere per sé la pace interiore”, ha detto Pittet.

    Indipendentemente dall’essere credenti o non credenti, il perdono, infatti - e ci sono di nuovo gli psicologi che lo ricordano - libera il cuore.

    Una Veglia che nella preghiera ha messo al centro le persone vittime, le loro famiglie e le loro storie, il loro sentire e vivere, il loro coraggio nella denuncia, talvolta in mezzo ad ostacoli ed incomprensioni delle quali lo stesso Pittet, in altre occasioni, ha testimoniato di essere stato oggetto.

    Una sofferenza che è una consegna alla Chiesa e alla società

    Questa sofferenza a livelli diversi delle persone vittime resta quindi come consegna, invocazione, chiamata rivolta alla Chiesa e alla società insieme per un impegno a tutto campo contro gli abusi, per prevenire, intercettare, denunciare i casi, accompagnare le vittime e affrontare questi orrori con una normativa che non dia spazio a vie di fuga per gli abusatori.

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