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Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
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  • Vista su Lago di Lugano

    Moreno Bernasconi, Presidente della Fondazione Spitzer, sulla Giornata della memoria

    di Laura Quadri

    Sul significato oggi della Giornata della memora abbiamo interpellato Moreno Bernasconi, presidente della Fondazione Spitzer, il cui scopo è fare memoria dei genocidi, delle persecuzioni e dei totalitarismi e contrastare il razzismo, promuovendo il valore della libertà e la comprensione fra popoli, culture e religioni diverse, evitando l’insorgere dei conflitti.

    Moreno Bernasconi, come si pongono, secondo lei, i giovani d’oggi verso la Giornata della memoria?

    I giovani nati all’inizio del Terzo millennio hanno una percezione del mondo totalmente diversa rispetto a quelli nati nella seconda metà del secolo scorso. Questi ultimi sono cresciuti durante il cosiddetto Trentennio glorioso, allegro e sfrenato e poi nell’illusione che, dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra fredda, la Storia era ormai compiuta e tutto preannunciava “magnifiche sorti e progressive” per l’umanità. Agli occhi dei giovani nati dopo l’attentato alle Torri gemelle nel 2001, il mondo si presenta invece nella sua cruda realtà, violento e in crisi; le nazioni e le civiltà (si fa per dire) sono l’un contro l’altro armate e gli eccidi e le barbarie si susseguono. Anche vicino a noi, alle frontiere orientali e meridionali dell’Europa.

    Come vive la Fondazione questa Giornata?

    In questo mondo dove nuove barbarie sono ormai sotto gli occhi di tutti, la Giornata della memoria dovrebbe essere un momento di silenzio e di riflessione che induce i popoli e gli individui ad aborrire e bandire l’idea stessa dell’annientamento di un altro popolo come soluzione di un problema politico. Perché è solo quando la mente sdogana la violenza come soluzione che il fine giustifica i mezzi. Che giustifica perfino la barbarie. Con questa convinzione la Fondazione Spitzer vive la Giornata della memoria. Questo è l’appello che ci sentiamo di lanciare. Il fine non giustifica la barbarie. Mai. Per nessuna delle parti in conflitto.

    È una giornata, secondo lei, sentita anche nel resto del Ticino e vissuta nel modo giusto?

    I sei milioni di vittime della Shoa chiedono un profondo rispetto. Credo che in Ticino come altrove, la grande maggioranza della popolazione condivida questa profonda convinzione. Mentre alcune piccole frange estremiste non solo non hanno rispetto ma approfittano anche di questa giornata per attizzare l’odio. Vorrei suggerire di prendere sul serio il pericolo rappresentato da questi estremisti. I nostri valori di coesistenza pacifica dipendono anche dalla nostra capacità di proteggerli da chi li vuole distruggere.

    A cosa deve portare, dunque, il ricordo di questa ricorrenza?

    Ad una presa di coscienza (qui e ora) che è solo assumendo in prima persona, ognuno a modo suo, la responsabilità di un mondo senza barbarie che ciò può diventare possibile.

    L’esempio ci viene dai Giusti che hanno anteposto la propria coscienza alla ragion di stato aiutando chi era in pericolo di vita con la propria famiglia. Sono ad esempio le molte famiglie svizzere che hanno aiutato e/o accolto chi fuggiva il nazifascismo o cercava di salvarsi dalla deportazione nei lager della morte. Donne e uomini comuni che col loro comportamento solidale verso il prossimo  - come ebbe a scrivere Federica Spitzer, che si fece deportare volontariamente nel Lager per salvare i propri genitori  - “hanno contribuito a trasformare una tragedia in un trionfo dell’umanità”.

    Quali sono attualmente i progetti della Fondazione Spizter?

    Oltre ai progetti educativi nelle scuole riguardanti l’acceso e l’uso del sito “Le vite dei Giusti” per la formazione dei docenti e i corsi di Educazione alla cittadinanza, nel periodo 2022-25, la nostra Fondazione sta investendo molte energie nello studio delle diverse comunità della diaspora balcanica nel Canton Ticino (molto numerosa) e la memoria del terribile conflitto interetnico degli Anni Novanta che spinse molti ad abbandonare il proprio Paese lacerato dalla guerra. La Svizzera e il Ticino si mobilitarono (diplomaticamente e socialmente) nell’accoglienza di un numero elevato di emigrati e fuggiaschi. Lo studio di questa presenza in Ticino in tutte le sue sfaccettature - dalle loro associazioni culturali ai problemi di integrazione - e la promozione del dialogo fra le diverse etnie, sono utili per l’integrazione sociale e la coesione della nostra comunità di cui essi sono parte integrante.

    In quale ambito c’è oggi maggiore bisogno di tolleranza e rispetto?

    La tolleranza e il rispetto verso l’altro sono valori fortemente minacciati. Anche nella nostra società che poggia per definizione e storia sulla coesistenza pacifica di lingue, culture e religioni diverse.

    È nell’impegno dal basso, in associazioni di quartiere, sportive, culturali, sociali e nel coinvolgimento personale al servizio della comunità, che le diversità appaiono per quelle che sono: un valore aggiunto, una ricchezza per tutti.

    Per ulteriori informazioni: www.fondazionespitzer.ch

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