Consenso Cookie

Questo sito utilizza servizi di terze parti che richiedono il tuo consenso. Scopri di più

Vai al contenuto
Parola del giorno rito Romano | Ambrosiano (13 dicembre 2025)
Advertisement
  • Mons. Kabalan, a destra, e René Roux, rettore FTL (foto Laura Quadri)

    Padre Kabalan, ospite della Fondazione Spitzer e della Facoltà di Teologia: "Un Medio Oriente senza cristiani mi fa paura"

    «I cristiani del Medio Oriente sono i migliori ambasciatori di riconciliazione verso i connazionali musulmani. Ma necessitano di un sincero sostegno da parte dell’Occidente». Lo affermava, ad Avvenire, il patriarca siro-cattolico di Antiochia, Ignazio Youssef III Younan, poco meno di un mese fa. Esattamente dello stesso avviso è mons. Rami Al Kabalan, che i ticinesi hanno potuto incontrare giovedì sera, alla Biblioteca Salita dei Frati a Lugano, su iniziativa della Facoltà di teologia di Lugano e della Fondazione Spitzer, dopo essere rientrato dall’importante evento “Mediterraneo frontiera di pace”. L'incontro, che ha visto la partecipazione di 60 vescovi e 65 sindaci del Mediterraneo e a cui avrebbe dovuto partecipare anche papa Francesco, fermato all'ultimo da un problema di salute, ha portato all'elaborazione di una Carta della Pace, con l'auspicio che «inizino immediatamente i negoziati per ristabilire la pace nel Mediterraneo».

    Mons. Kabalan - anche vescovo di Arteusa dei Siri, antica diocesi della Chiesa siriaca - vi ha partecipato in qualità di visitatore apostolico e procuratore del Patriarcato siriaco-cattolico presso la Santa Sede. Nato in Siria nel 1979 e già parroco di Nabek e Yabrud, nell’arcieparchia di Homs, la sua conoscenza della Chiesa siro-cattolica è vasta. Pur avendo quale quartier generale Beirut, in Libano, essa ha come terre d’origine e di riferimento anche la Siria e l’Iraq. O almeno le aveva. Perché oggi la comunità siro-cattolico è diffusa in tutto il mondo. Un’espansione figlia – purtroppo – della diaspora imposta da conflitti, attacchi e persecuzioni degli ultimi anni. 

    Questo spaventa molto mons. Kabalan. E lo dice senza mezzi termini: «Un Medio Oriente senza cristiani è pericoloso. Da sempre, infatti, i cristiani hanno fatto da ponte tra le culture e le religioni in queste terre, in particolar modo con i musulmani. Penso al lavoro del compianto padre Paolo Dall’Oglio – ero parroco di una comunità poco distante dalla sua – e alla sua strenua fatica di far collaborare cristiani e musulmani. O alle tante chiese aperte, per accogliere i civili, durante la crisi siriana. Questo crea “equilibrio”, stabilità: c'è la possibilità che qualcuno eviti il peggio nel conflitto. Ma se questa presenza dovesse venire a mancare, e con essa la mediazione esercitata dai cristiani, gli scontri tra le fazioni musulmane stesse (in particolare, sciiiti e sunniti) saranno più crudeli, più forti, più inesorabili».

    Il rischio, tuttavia, è concreto, reale, sotto gli occhi di tutti: «Fu un gesuita, nel 1996, a predirmi che nel 2020 avremmo visto gli ultimi cristiani lasciare la Siria. Pensai, allora, che era pazzo. Adesso ci ripenso: forse era un profeta. Le Comunità locali effettivamente sono stanche, i capi religiosi invitano i giovani a rimanere ma senza qualcosa di concreto da offrire. Dire che i cristiani devono rimanere solo a un livello teorico, secondo me, del resto, non funziona. Penso, piuttosto, che per salvare il Medio Oriente e i suoi cristiani sia necessario partire dalle scuole, per generare una cultura nuova: la cultura dell’incontro. Senza rinunciare, come raccomanda il Vangelo, a dire la verità nella carità, ovvero facendo presente che i cristiani in Medio Oriente sono presenti da 2’000 anni. Da qui il diritto ad essere cittadini, con gli stessi diritti e doveri di ciascuno. Ecco l’unico modo di aiutare i cristiani in Medio Oriente».

    Leggi l'intervento completo di padre Kabalan su Osservatore.ch

    Guarda il video su YouTube

    Laura Quadri

    News correlate

    Il Ticino apre le porte ai bambini feriti di Gaza. Il Papa invia 5mila antibiotici

    Mentre la Confederazione coordina l’arrivo in Svizzera dei bambini feriti nella Striscia di Gaza, il Ticino si prepara ad accoglierne alcuni al San Giovanni di Bellinzona. Intanto Papa Leone XIV invia 5mila antibiotici ai piccoli di Gaza, segno concreto di vicinanza e speranza.

    Per la Custodia di Terra Santa la Colletta del Venerdì Santo è un aiuto indispensabile

    Anche in Ticino le offerte raccolte nelle chiese il 18 aprile andranno a sostegno dei luoghi e della popolazione in Terra Santa. Il Custode fra Patton ci spiega come.

    I cristiani d’Oriente rischiano la sparizione?

    Incontro con mons. Flavien Rami Al-Kabalan, Visitatore Apostolico e Procuratore del Patriarcato Siriaco-Cattolico presso la Santa Sede, giovedì 3 marzo 2022 alle ore 18.15 presso la Biblioteca Salita dei Frati

    no_image

    La guerra Usa al terrorismo ha fatto mezzo milione di morti dall'11 settembre

    I dati sono raccolti in uno studio dell’Università Brown e prendono in esame le guerre in Afghanistan, Iraq, Pakistan. L’autrice, Neta Crawford, professore a Boston, lamenta che i dati“sono nascosti dai governi, determinati a dipingere un’immagine troppo ottimista”. L’Iraq è il luogo con il maggior numero di vittime: almeno 300mila, di cui 200mila civili.

    no_image

    Sinodo 2018. Mons. Pizzaballa: “Consapevoli che facciamo fatica a parlare ai giovani. L’urgenza della testimonianza"

    Qual è il contributo che i padri sinodali e partecipanti dal Medio Oriente stanno dando a questo Sinodo? "Mancano ancora diversi giorni - risponde mons. Pierbattista Pizzaballa - e alcuni padri devono ancora parlare. È vero che c’è bisogno di pane, di giustizia, di prospettive sociali ma abbiamo anche bisogno di riconciliazione nelle nostre comunità, di dialogo".

    no_image

    Testimonianze dal Libano al Sinodo: “in Medio Oriente abbiamo perso intere famiglie, parrocchie, diocesi”

    "Questo ha portato i giovani ad uscire fuori dalle mura parrocchiali in cerca di terre nuove più fertili, cioè nell’arte, nella musica, nel teatro, nello sport", ha detto nella sua testimonianza don Jules Boutros, responsabile della pastorale giovanile del Libano.

    News più lette